L’Europa sempre più divisa sul nucleare

E’ sempre più profondo il solco che divide l’Europa in due blocchi opposti riguardo all’uso dell’energia nucleare. Da politica, la divisione sta emergendo anche nel sociale, con l’appello, lanciato da 13 organizzazioni sindacali europei, affinché l’energia dell’atomo venga inclusa bel novero degli investimenti sostenibili della tassonomia europea. Le resistenze e i tentennamenti della Commissione Europea sul tema, emersi già nel rapporto del Gruppo Tecnico di Esperti (TEG) (poi rivelatosi per sua stessa ammissione tutto fuorché esperto), si sono già più volte scontrati sia con il consenso scientifico – il nucleare è ritenuto indispensabile per gli obiettivi di decarbonizzazione da organizzazioni quali International Agency for Atomic Energy (IAEA), International Energy Agency (IEA) e International Panel for Climate Change (IPCC) e con i piani di politica energetica di molti Stati Membri, in particolare dell’Est Europa. Più di recente, parte del mondo accademico e della società civile, le Associazioni nucleari europeee l’industria nucleare  (tramite Foratom), si erano appellati all’Europa affinché il nucleare fosse giudicato nel merito scientifico e con neutralità, dato il contributo che già oggi fornisce alla produzione di energia a basse emissioni (circa la metà) nel continente. Ora le organizzazioni sindacali di diversi Paesi si uniscono al coro in supporto del nucleare e degli addetti che il settore occupa, oltre un milione in tutta Europa. Nell’appello si obietta non solo il fatto che l’esclusione del nucleare dalla finanza sostenibile andrebbe contro le evidenze scientifiche e il principio di neutralità tecnologica, ma anche le sue ricadute sulla giustizia sociale. I riflessi di una penalizzazione dell’atomo andrebbero ben oltre l’industria nucleare, coinvolgendo il più ampio settore energetico e l’industria energivora europea, quest’ultima già sofferente per la concorrenza di Paesi con costo del lavoro più basso. Le 13 organizzazioni sindacali firmatarie rappresentano i lavoratori del settore nucleare di Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Ungheria e Romania. La Francia, come noto, è il campione mondiale di produzione nucleare (oltre due terzi del mix), anche se il governo di Parigi si è a più riprese impegnato ad una riduzione della produzione nucleare, sotto la pressione della vicina Germania e in ossequio alla scarsa popolarità che l’energia dell’atomo riscuote nel Paese d’oltralpe, visti anche i costi e le lentezze del progetto EPR. Il Belgio ha formalmente intrapreso la strada dell’uscita dal nucleare, sempre sotto pressione tedesca, ma recentemente le posizioni dell’opinione pubblica paiono essersi rivoltate contro questa scelta, mettendola nuovamente in discussione. Quanto a Bulgaria, Finlandia, Romania e Ungheria, stanno incrementando o intendono incrementare la loro produzione nucleare, spesso rivolgendosi a finanziatori extra-UE, quali USA, Cina o Russia. Ad essi andrebbero aggiunte la Polonia, che ha appena approvato un ambizioso programma nucleare, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, che non hanno intenzione di disfarsene, e, al di fuori dell’Unione, Regno Unito, Ucraina e Bielorussia, quest’ultima appena entrata nel club nucleare nonostante le angherie politiche della vicina Lituania. Persino l’Estonia, il Paese europeo con il mix elettrico più sporco d’Europa, guarda, seppur ancora informalmente, alle potenzialità del nucleare. Restano poi la Spagna, la Svezia e i Paesi Bassi, che producono una quota della loro elettricità da fonte nucleare. Fatto a parte il caso della Francia, economia forte che, sotto ipnosi tedesca, potrebbe ben sopportare un massiccio investimento in rinnovabili e gas naturale per supplire alla riduzione del nucleare, è evidente che, per gran parte dei Paesi dell’Est Europa, la decarbonizzazione tramite l’atomo, che lo abbiano già o meno, risponde anche a criteri economici e di indipendenza energetica (leggasi indipendenza dal gas russo) difficilmente rinunciabili. Washington, dopo una lunga sonnolenza, sembra averlo capito, scalzando Pechino da molti accordi appena avviati e promettendo con rinnovato slancio generosi finanziamenti e, ovviamente, tecnologia. Solo Bruxelles (o sarebbe più corretto dire Berlino?) resta per ora sorda ad ogni sorta di appello, trincerandosi dietro rinvii e tecnicismi che mal celano la chiara intenzione di perpetuare una politica energetica terribilmente sbilanciata sul gas naturale e le rinnovabili intermittenti.

Webinar dell’Ordine degli Ingegneri di Roma sul nucleare

Martedì 9 febbraio con inizio alle 9.30 (piattaforma Zoom) si terrà la giornata di studio intitolata: La Ricerca di frontiera per l’energia nucleare sostenibile Le tecnologie più innovative per la produzione di energia decarbonizzata L’evento è riservato agli iscritti dell’Ordine degli Ingegneri di Roma. L’iscrizione è obbligatoria sul sito dell’Ordine alla pagina https://www.ording.roma.it/formazione/index.aspx Scarica il programma completo

L’Estonia guarda agli SMR e ad un’innovativa gestione dei rifiuti nucleari

L’Estonia è attualmente il Paese con la produzione elettrica a maggiore intensità di carbonio d’Europa, con il carbone che solitamente copre circa due terzi dei consumi. Naturale dunque che guardi al nucleare come possibile via per la decarbonizzazione del settore energetico. Fermi Energia, una società estone fondata da professionisti dell’energia e del nucleare, ha dunque lanciato nel 2019 uno studio di fattibilità per l’impiego nel Paese dei piccoli reattori modulari (SMR), con l’obiettivo di avviarne lo sviluppo a partire dal 2030. Nel contempo, Fermi Energia ha iniziato a vagliare le possibilità tecnologiche di gestione dei rifiuti nucleari che meglio si adattino ad una flotta di SMR. Il combustibile esausto delle centrali nucleari, essendo un rifiuto ad alta attività e a lunga emivita, deve essere definitivamente stoccato in un deposito geologico di profondità, dove possa permanere, sotto controllo ma indisturbato, per il tempo necessario – decine di migliaia di anni – alla riduzione della sua attività. Tuttavia, pochi Paesi hanno fino ad ora intrapreso la costruzione di questo tipo di deposito, dati i costi ingenti e le lunghe procedure di localizzazione e costruzione. Per questo motivo, Fermi Energia guarda ad una modalità di stoccaggio alternativa proposta dalla società californiana Deep Isolation. L’idea consiste nell’applicazione di tecnologie di trivellazione orizzontale profonda, già utilizzate nel campo degli idrocarburi non convenzionali (fracking), per stoccare i canestri dei rifiuti nucleari a profondità di circa 1500 metri, in opportune formazioni geologiche impermeabili e facilmente fratturabili (scisti argillosi, o shales). Lo studio promosso a riguardo da Fermi Energia (che sarà presentato online il prossimo 9 febbraio) dimostra che gran parte dell’Estonia ricade su formazioni geologiche adatte a questo tipo di stoccaggio. I benefici di questa tecnologia sarebbero anche economici, in quanto sia i costi sia i tempi di costruzione sarebbero di molto contenuti rispetto ad un deposito geologico tradizionale. Ad esempio, se gli scavi di un deposito geologico possono richiedere decenni, la perforazione di un pozzo di profondità richiede settimane. La sicurezza inoltre sarebbe accentuata dal fatto che i rifiuti risiederebbero ad una profondità maggiore rispetto al deposito geologico convenzionale (1550 contro 500 metri). Anche in questo caso i canestri che contengono i rifiuti sarebbero accessibili per un certo periodo di tempo, potendo essere recuperati in superficie per controlli. Nel gennaio 2019, Deep Isolation ha effettuato una dimostrazione pilota di questa tecnologia, spedendo a 600 metri di profondità e successivamente recuperando un fac-simile di canestro.

Webinars UNIPI 2021

Il corso di laurea in Ingegneria Nucleare dell’Università di Pisa promuove per il 2021 una serie di webinars con esperti stranieri e alumni. Il secondo che vi segnaliamo si terrà venerdì 5 febbraio, alle ore 16, dal titolo Analysis of Severe Accidents: from the early days to the near future, relatore il prof. Luis E. Herranz, già capo del Nuclear Safety reasearch Group presso CIEMAT, Spagna. Maggiori informazioni e registrazione presso la pagina ufficiale.

La centrale nucleare di Mochovce, in Slovacchia (foto Slovenske Elektrarne via World Nuclear News)

ENEL finanzia l’ampliamento del nucleare in Slovacchia

Enel Produzione ha recentemente siglato un accordo con Energetický a Průmyslový Holding, compagnia ceca, al fine di concedere un’ulteriore linea di credito per il completamento delle unità 3 e 4 della centrale di Mochovce, nella Repubblica Slovacca. In particolare, Enel Produzione contribuirà al capitale di una nuova società, Slovak Power Holding BV (HoldCo), per un ammontare pari alla sua quota di partecipazione in Slovenské Elektrárne, ovvero 750 milioni di euro. Il nuovo finanziamento, soggetto ad aggiustamento sulla base di alcuni criteri finanziari e di avanzamento lavori, si è reso necessario per far fronte agli aumentati costi di completamento delle unità 3 e 4, il cui costo totale è lievitato a 6,2 miliardi di euro, rispetto ai 2.8 preventivati ad inizio lavori. I lavori presso la centrale di Mochovce erano ripresi nel 2008 con l’obiettivo di portare le due nuove unità in linea nel 2013. Secondo le ultime proiezioni di avanzamneto lavori, il carico di combustibile nell’unità 3 dovrebbe avvenire il prossimo aprile, mentre nell’unità 4 entro il 2023.