L’energia nucleare a supporto della decarbonizzazione

Pubblichiamo di seguito la versione italiana del Position Paper di Nuclear for Climate in vista della conferenze delle Nazioni Unite sul Clima (COP26) che si terrà a Glasgow il prossimo novembre. La versione originale in inglese è scaricabile in calce. Ringraziamo Giuseppe Canzone per la redazione del testo in italiano e per le note esplicative. Net Zero Needs Nuclear -Position paper 2021 Nuclear for Climate è un’iniziativa che parte dal basso e che riunisce professionisti e scienziati del settore nucleare di oltre 150 associazioni. L’obiettivo di Nuclear for Climate è di instaurare un dialogo con i responsabili politici e il pubblico sulla necessità di includere l’energia nucleare tra le soluzioni “carbon free” atte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Auspichiamo un futuro prospero per tutti, in cui le attività umane siano a basse emissioni di carbonio e sostenibili. La nostra missione è accelerare la capacità del mondo di raggiungere la decarbonizzazione [del sistema energetico, ndr] entro il 2050, promuovendo la collaborazione tra il settore nucleare e le tecnologie alla base delle fonti di energia rinnovabili. Crediamo nello slogan “Net Zero Needs Nuclear“ per questi motivi: ➢ L’energia nucleare è una fonte di energia a basse emissioni di carbonio: è comprovato che l’energia nucleare sia una fonte di energia a basse emissioni di carbonio che non solo può contribuire a ridurre le emissioni di gas serra ma è in grado di sostituire efficacemente la nostra attuale dipendenza energetica dagli inquinanti combustibili fossili. ➢ L’energia nucleare è allo stato dell’ arte, disponibile, scalabile e dispiegabile: per raggiungere l’ obiettivo di decarbonizzazione del sistema energetico (Net Zero) è necessario che nuove centrali elettronucleari siano dispiegate su vasta scala e con urgenza, in sinergia con le fonti energetiche rinnovabili [in particolare con l’idroelettrico, ndr]. ➢ L’energia nucleare è una fonte di energia pulita, flessibile e conveniente: il nucleare può integrarsi con le fonti di energia rinnovabili, bilanciando le fonti intermittenti [e utilizzando l’idroelettrico come sistema principale di accumulo] per ottenere sistemi energetici puliti, efficienti e convenienti. ➢ Il nucleare non fornisce soltanto elettricità a basse emissioni di carbonio: il nucleare è anche in grado di supportare la decarbonizzazione di altri settori economici (industria e servizi). ➢ Il nucleare sostiene lo sviluppo globale, inclusivo e sostenibile: il nucleare porta benefici socioeconomici globali che sono congruenti con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. A cinque anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, ci stiamo rendendo conto dell’enormità della sfida che il mondo deve affrontare per limitare l’aumento della temperatura globale di 1,5 °C. La situazione climatica globale è critica e dobbiamo lavorare insieme se vogliamo raggiungere l’ambizioso obiettivo della decarbonizzazione [del sistema energetico, ndr] entro il 2050 e proteggere il futuro del nostro pianeta. Le strategie finora adottate non si sono rivelate efficaci mentre il 2050 si avvicina sempre più. Quindi dobbiamo agire ora. La conferenza COP26 di Glasgow rappresenta un’opportunità fondamentale per le nostre nazioni di riunirsi e agire [in modo coordinato, ndr], è necessario acquisire una visione comune sui problemi climatici [e ambientali, ndr] per trovare un strategia di intervento per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione (Net Zero). Chiediamo a tutti i negoziatori e ai responsabili politici che parteciperanno alla COP26 di adottare un approccio neutrale dal punto di vista tecnico-scientifico verso quelle politiche energetiche favorevoli ad una integrazione tra energia nucleare e fonti energetiche rinnovabili. L’energia nucleare è una fonte di energia a basse emissioni di carbonio: è comprovato che l’energia nucleare sia una fonte di energia a basse emissioni di carbonio che non solo può contribuire a ridurre le emissioni di gas serra ma è in grado di sostituire efficacemente la nostra attuale dipendenza energetica dagli inquinanti combustibili fossili. Da oltre 60 anni il nucleare è una delle principali fonti di energia a basse emissioni di carbonio. Con circa 440 reattori in funzione in 30 paesi diversi, il nucleare rappresentava, alla fine del 2019, il 10% della produzione mondiale di elettricità. È la seconda più grande fonte di energia a basse emissioni di carbonio, dopo l’energia idroelettrica. La “carbon intensity” di una centrale nucleare, ovvero la quota di CO2 emessa da una centrale nucleare rispetto all’energia fornita, durante tutta la sua vita operativa, è molto bassa dello stesso ordine di grandezza di quelle dell’energia eolica e idroelettrica. I paesi a più bassa carbon intensity sono quelli nel cui mix energetico è presente una grande componente di energia nucleare e idroelettrica. La Francia, che produce circa tre quarti della sua energia elettrica da fonte nucleare, ha le emissioni di CO2 pro capite più basse tra i sette maggiori paesi industrializzati (G7). Utilizzando l’energia nucleare come fonte primaria, in sostituzione dei combustibili fossili, è stato possibile, a partire dal 1970, evitare l’immissione in atmosfera di un quantitativo di gas serra pari a 60 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2. L’utilizzo del nucleare in luogo dei combustibili fossili è servito a prevenire circa 1,84 milioni di morti legate all’inquinamento atmosferico e si stima che altri 7 milioni di morti potrebbero essere evitati entro il 2050 se il nucleare sostituisse le fonti di combustibili fossili su larga scala. Nonostante l’impressionante crescita globale (circa il 500%) del solare e dell’eolico tra il 2000 e il 2018, l’uso dei combustibili fossili è rimasto costante, rappresentando circa l’80% dell’energia consumata a livello mondiale. Ciò è correlato ad un calo della quota del nucleare nel mix energetico nello stesso periodo di tempo, anche se la produzione nucleare in termini assoluti è aumentata. I Paesi che negli ultimi anni hanno deciso la chiusura delle loro centrali nucleari hanno incontrato difficoltà a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili [in particolare per quanto riguarda la generazione elettrica, ndr]. In Germania, a seguito di una graduale eliminazione del nucleare, la quota percentuale di combustibili fossili come fonte di energia primaria è diminuita di meno dell’1% dal 2010 nonostante i massicci investimenti (178 miliardi di euro) a sostegno delle fonti rinnovabili [in particolare eolico e fotovoltaico, ndr]. L’energia nucleare è allo stato dell’ arte, disponibile, scalabile e dispiegabile: per raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione…

Marte ha una nuova centrale nucleare

Il rover della NASA Perseverance è atterrato ieri su Marte. Si tratta del rover più ambizioso e più grande di sempre, più o meno delle dimensioni di un’auto compatta. La sua missione durerà oltre un decennio e, nelle aspettative della NASA, consentirà di prelevare numerosi campioni del suolo marziano, che verranno poi rispediti sulla Terra. Per far questo Perseverance si avvarrà della collaborazione di un mini-elicottero capace di volare nella rarefatta atmosfera del pianeta rosso, nonché dell’aiuto di un altro rover che verrà lanciato su Marte nel 2028. L’energia che alimenterà questa ambiziosa missione – siamo fieri di annunciarlo – è di fonte nucleare. Perseverance è infatti equipaggiata con un Multi-Mission Radioisotope Thermoeletric Generator (MMRTG), una sorta di batteria nucleare capace di alimentare la missione per 14 anni. L’MMRTG è alimentato da 5 chili scarsi di plutonio-238, in grado di fornire i 110 W di potenza elettrica necessari al rover. Ma come funziona questa batteria? Il calore generato dal naturale decadimento del plutonio viene convertito in elettricità per ricaricare le due batterie primarie di Perseverance. Inoltre, parte del calore generato (circa 2000 W) serve a mantenere la strumentistica ed i sistemi alla giusta temperatura operativa. Si tratta dunque a tutti gli effetti di un impianto nucleare di cogenerazione. Il plutonio combina le caratteristiche di una ragguardevole densità energetica (0.54 W/g), lunga emivita (87.7 anni) e bassi livelli di radiazione gamma e neutroni, per cui i livelli di schermatura necessari sono minimi, o spesso ridotti al semplice alloggiamento dell’RTG. I primi rover marziani (Sojurner, Spirit e Opportunity) erano alimentati dalla fonte solare, che si rivelò insufficiente nella stagione dell’anno marziano (lungo due volte quello terrestre) in cui la radiazione solare è ridotta. In realtà la fonte nucleare è sempre stata la preferita per le missioni di esplorazione dello spazio, avendo alimentato le sonde spaziali fin dai primi anni ’70. Oggi molti si chiedono se l’utilizzo delle batterie nucleari potrebbe in futuro diffondersi anche sulla Terra, magari utilizzando i rifiuti nucleari, instaurando così anche una virtuosa economia circolare. Prototipi di questo tipo di batterie sono stati utilizzati anche sulla Terra, ad esempio per alimentare droni, e i sostenitori di questa tecnologia sostengono che potrebbe essere con successo estesa ad altre applicazioni, ad esempio nel settore medico e industriale. Si tratterebbe comunque di applicazioni in cui è richiesta una piccola quantità di potenza per lungo tempo, prevalentemente laddove sia impraticabile o sconsigliabile la regolare sostituzione di batterie. Per intenderci, potremmo trovare applicazioni di questo tipo in un pacemaker, ma difficilmente in laptops e smartphones. Tuttavia, è in fase di sviluppo un’altra categoria di reattori che va’ spesso sotto il nome di “batterie nucleari”: si tratta dei microreattori, vere e proprie centrali nucleari di potenza inferiore ai 20 MW, che nelle taglie più piccole (ad esempio eVinci di Westinghouse, 4.5 MW elettrici di potenza nelle dimensioni di una grossa automobile) potrebbero alimentare comunità isolate non connesse alla rete, datacenters, campus o ospedali. PS: una prima versione di questo articolo erroneamente indicava il rover Curiosity come alimentato da fonte solare. Ringraziamo Giuseppe Canzone per la segnalazione. Per approfondire: Mars 2020 | Powering NASA’s Mars Perseverance Rover

Webinars UNIPI 2021

Segnaliamo i seminari della serie Webinars 2021 promossi dal Corso di Laurea magistrale in Ingegneria Nucleare dell’Università di Pisa che avranno luogo nella seconda metà di febbraio: 19 febbraio ore 14.30: Nuclear debates, questions and answers, relatore Iztok Tiselj, Università di Lubiana (Slovenia) 19 febbraio ore 16.30: Lead-cooled fast reactors, relatore Mariano Tarantino, ENEA 26 febbraio ore 14: Fusion technology and direct implementation in ITER, relatore Sergio Orlandi, ITER (Francia) 26 febbraio ore 15.30: The water coolant lithium lead breeding blanket of EU-DEMO: design features and R&D activities, relatore Alessandrio Del Nevo, ENEA Per maggiori informazioni e link di accesso visitare la pagina ufficiale.

Small and advanced reactors virtual event

Segnaliamo che avrà luogo il 18 febbraio dalle 13 alle 18 (ora italiana) l”evento virtuale: Small and advanced reactors promosso da Nuclear Engineering International. L’evento, con relatori internazionali d’eccezione tra cui Stefano Monti (IAEA), fornirà un quadro esauriente sllo stato dell’arte e gli sviluppi futuri delle tecnologie, delle potenzialità di mercato e del quadro regolatorio inerente i reattori modulari ed i reattori avanzati. Per registrarsi visitare la pagina ufficiale dell’evento.

Il nucleare è morto. Viva il nucleare!

Il nucleare è una tecnologia obsoleta. Trent’anni fa avrebbe avuto senso decarbonizzare con il nucleare ma ormai è troppo tardi. I costi del nucleare non sono competitivi. Il nucleare è pulito ma ormai abbiamo le rinnovabili. Non capita di rado, nei dibattiti sul tema energetico, di sentire almeno una delle affermazioni di cui sopra. Che si tratti dello zio disinformato che l’ha letto su facebook, del giornalista del blasonato quotidiano, o dell’analista di punta di… Greenpeace. E a ben guardare, restringendo il campo di osservazione a determinati contesti e mercati, in particolare in Europa e negli Stati Uniti, verrebbe da essere d’accordo: il nucleare è morto, e noi abbiamo fatto del nostro meglio per ucciderlo. Parafrasando James Mahaffey nel suo ottimo libro “The Atomic Awakening”, il nucleare è il morto che cammina nel panorama energetico. Negli Stati Uniti, ben prima degli incidenti di Three Mile Islande di Chernobyl, l’espansione nucleare si era arrestata, molti progetti di nuovi reattori abortiti e molte costruzioni già avviate abbandonate già nel 1977. La quota di nucleare nella produzione elettrica raggiunse il 20%, e lì giace da allora. Non furono la paura degli incidenti a bloccare l’espansione del nucleare, ma i costi capitali (non assoluti) da sostenere. Parte della responsabilità ricade anche sull’industria nucleare, che, negli Stati Uniti in particolare, ha privilegiato la rincorsa di progetti first-of-a-kind, invece che la standardizzazione, che avrebbe reso l’espansione della produzione nucleare progressivamente meno costosa e più veloce. Va dato atto che l’industria nucleare – a differenza di altri settori, quale quello aereonautico – ha dovuto fronteggiare un’agguerrita opposizione ideologica che l’ha spinta nel baratro di una regolamentazione sempre più stringente, da cui sono scaturite sì efficienza e sicurezza impareggiabili, ma anche lievitazione dei costi, dei tempi di costruzione e del rischio finanziario. Come se non bastasse, le politiche energetiche poste in essere negli ultimi decenni dal governo federale di Washington, da molti Stati USA e dall’Unione Europea sono platealmente sbilanciate sulle rinnovabili se non apertamente avverse al nucleare. Basti pensare che, negli Stati Uniti, l’energia solare riceve sussidi 250 volte maggiori rispetto al nucleare. L’eolico 158 volte maggiori. Tali politiche, se non sconfessate, avranno un’eredità pesante: si stima che negli USA da qui al 2030 cesseranno di operare centrali per oltre 66 GW (circa la potenza elettrica totale della Germania), a fronte di soli 2 GW di nuova capacità installata. Il saldo negativo globale nello stesso periodo potrebbe raggiungere i 70 GW. In Italia, i sussidi alle rinnovabili pesano sulla bolletta elettrica per 11 miliardi di euro all’anno (con la stessa cifra in Cina si costruiscono due reattori da oltre 1 GW di potenza), con il fotovoltaico che si mangia oltre metà della torta. Ne basterebbe il 10% per rendere i piccoli reattori modulari (SMR) competitivi con il gas naturale a ciclo combinato. L’Europa, ipnotizzata da Berlino, continua a svillaneggiare la fonte nucleare – che produce metà dell’energia pulita del continente – apponendo barriere tecnico-legali senza alcuna base scientifica al suo finanziamento, mettendo a repentaglio la sopravvivenza delle centrali esistenti e pregiudicando i progetti futuri. Ce ne sarebbe abbastanza per suonare la marcia funebre. Eppure ogni giorno che passa aumenta il numero degli studi o dei report che presentano l’ineluttabilità della fonte nucleare per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione che buona parte del mondo industrializzato si è prefissato da qui a tre decenni. Dopo i richiami dell’International Panel for Climate Change (IPCC) e della International Energy Agency (IEA) – due istituzioni non proprio amanti del nucleare – l’ultimo in ordine di tempo e forse il più significativo proviene da due raggruppamenti del Parlamento Europeo, i Conservatori e Riformisti Europei (ERC) e Renew Europe, che insieme possono contare su 158 (su 705) parlamentari. Prendendo a caso di studio due Stati membri, i Paesi Bassi e la Repubblica Ceca, lo studio peer-review confronta due strategie di decarbonizzazione: una che si basa sulle fonti solare e eolica ed una che si basa sul nucleare. Lo studio raggiunge conclusioni che lasciano poco spazio agli equivoci, e che agli addetti ai lavori non risulteranno tuttavia nuove: le grandi installazioni solari ed eoliche richiedono tra 148 e 534 volte più suolo del nucleare; un mix elettrico 100% solare ed eolico richiederebbe per i Paesi bassi una superficie quasi due volte quella delle loro terre emerse; solare ed eolico hanno costi di circa 4 volte superiori al nucleare. Inoltre, raggiungere la neutralità climatica al 2050 richiederebbe incrementare da ora il tasso di espansione delle rinnovabili, tra 4 e 7 volte quello attuale. Se a questo si aggiunge il rinnovato interesse per il nucleare di molti Paesi dell’Est Europa, dell’Asia e dell’Africa e persino di piccoli Paesi che fino ad ora non lo avevano mai preso in considerazione, come l’Irlandae l’Estonia, anche in vista delle innovazioni tecnologiche che potrebbero affacciarsi sul mercato entro questo decennio, viene allora da esclamare con fiducia: il nucleare è morto, viva il nucleare!