Nucleare nel mondo: la Svizzera

Per la nostra serie Nucleare nel mondo questa volta vi portiamo in Svizzera, con una breve panoramica dello stato dell’energia nucleare nel Paese ed un interessante approfondimento su “Beznau, l’isola dell’energia”, a cura del nostro socio Claudio Pedrazzi e pubblicato per Nucleare e Ragione. La Svizzera è entrata nel novero dei Paesi produttori di energia nucleare nel 1965 e ad oggi conta quattro reattori operativi, che forniscono tra il 35% e il 40% del fabbisogno elettrico (il consumo pro capite in Svizzera è di circa 6800 kWh annui). Due centrali, Beznau e Gösgen, forniscono anche calore oltre che elettricità: Beznau, ad esempio, genera circa 80 MW di calore che servono una rete lunga 130 km con utenti finali residenziali ed industriali. L’impianto più anziano è Beznau, entrato in servizio nel 1969, mentre il più giovane è Leibstadt, connesso alla rete nel 1984: tutti gli impianti hanno avuto negli anni delle migliorie e degli aumenti di potenza. Altre 2 grosse unità erano in fase di progetto, ma una decisione del Parlamento del 2011 ne ha abortito la costruzione promulgando una graduale uscita dal nucleare, poi confermata anche da un referendum popolare nel 2017. La gestione dei rifiuti nucleari è affidata alla compagnia Zwilag, una controllata delle quattro compagnie che eserciscono gli impianti nucleari del Paese. Zwilag opera un deposito centrale dei rifiuti a media e alta attività dal 2001 (Zentrales Zwischenlager, ZZL), dove sono stivati in dry-casks tutti i rifiuti nucleari prodotti in Svizzera. Fino al 2005 inoltre 1000 tonnellate di combustibile esausto sono state riprocessate all’estero (in Francia e Regno Unito) e restituite alla Svizzera: da quella data una moratoria (Nuclear Energy Act) ha prima interrotto i trasferimenti per un decennio mentre la Strategia Energetica al 2050 ha poi definitivamente messo fine alla pratica del riprocessamento. L’iter per la localizzazione di un deposito geologico per i rifiuti radioattivi a media ed alta attività ha preso avvio nel 1972 con la costituzione del consorzio NAGRA, il quale opera dal 1984 un sito sotterraneo sperimentale a Grimsel. In seguito ad una consultazione pubblica lanciata dal Governo federale nel 2012, nel 2015 è stata resa nota la lista dei due possibili siti di localizzazione (Ost Jura e Zurich NordOst), successivamente integrati da un terzo sito tratto dalla lista di riserva. Da allora sono in corso le indagini di dettaglio presso i siti potenziali. NAGRA prevede che il deposito dei rifiuti a media attività divenga operativo nel 2050, quello dei rifiuti ad alta attività un decennio dopo. Parallelamente, il processo di localizzazione di un deposito di superficie per i rifiuti a media e bassa attività è stato più volte bloccato da referendum cantonali. Una modifica normativa ha poi eliminato il potere di veto cantonale sostituendolo con un referendum federale, nel frattempo anche questi rifiuti sono stoccati presso il centro ZZL o presso i siti di produzione. Per concludere, vi invitiamo ad esplorare la centrale di Beznau, nota anche come l’Isola dell’energia, nel dettagliato resoconto scritto da Claudio Pedrazzi per Nucleare e Ragione. …continua a leggere. Fonti: https://cnpp.iaea.org/countryprofiles/Switzerland/Switzerland.htm https://world-nuclear.org/information-library/country-profiles/countries-o-s/switzerland.aspx

La produzione di idrogeno non può prescindere dal nucleare

Uno studio prodotto dall’Ufficio Parlamentare Francese per la Valutazione Scientifica e Tecnologica (OPECST) ha messo in risalto l’imprescindibilità della fonte nucleare al fine di realizzare gli obiettivi di produzione di idrogeno dichiarati a livello europeo e mondiale. L’idrogeno è infatti prevalentemente prodotto tramite elettrolisi utilizzando ingenti quantitativi di elettricità. Affinché la produzione di questo vettore di energia possa contribuire positivamente agli sforzi di decarbonizzazione del sistema energetico, è ovviamente necessario che lo stesso sia prodotto da fonti a basse emissioni, rinnovabili (cosiddetto idrogeno verde) o nucleare (idrogeno giallo, o viola come altre volte è definito). La scelta tecnologica non è però indifferente per quanto concerne i costi e neppure per quanto riguarda l’impatto ambientale, come il consumo del suolo. Il rapporto infatti stima che la produzione di idrogeno da fonte rinnvabile intermittente (solare o eolico) costerebbe quattro volte la produzione di idrogeno tramite Small Modular Reactors. L’elevato investimento iniziale costituito dalle celle elettrolitiche richiede infatti una loro operatività annua minima di 5000 ore al fine di renderle profittevoli, con un valore ottimale di 8000 ore annue. Questo fattore di capacità è raggiungibile, tra le fonti a basse emissioni, solo dal nucleare e dall’idroelettrico, mentre solare ed eolico si fermano ben sotto la soglia (2000-4000 ore annue). Per quanto riguarda il consumo del suolo, l’obiettivo europeo al 2030 di installare una capacità di produzione a celle elettrolitiche pari a 40 GW (10 milioni di tonnellate di idrogeno) richiederebbe 150 mila turbine eoliche o 80 mila chilometri quadrati di pannelli solari (grossomodo la superficie dell’intera Austria). A livello globale, produrre 70 milioni di tonnellate di idrogeno richiederebbe 560 mila chilometri quadrati di pannelli solari, o 400 GW di nuovi reattori nucleare (con un consumo del suolo mille volte inferiore). Ovviamente, dato l’orientamento delle politiche energetiche attuali a livello mondiale e il trend dell’industria nucleare, il rapporto sottolinea come 400 GW di nuova capacità nucleare siano un “libro dei sogni”. La sola Francia necessiterebbe di 4 centrali nucleari dedicate esclusivamente alla produzione di idrogeno. Dal rapporto emerge comunque il dato, già sollevato da diversi commentatori, che le implicazioni della diffusione di un’economia all’idrogeno solo da fonti rinnovabili non sono per nulla chiare né dal punto di vista economico né della sostenibilità ambientale, e che servirebbe molta più cautela nel proporre scenari che escludano a priori l’uso della fonte nucleare o delle fonti fossili con modalità di sequestro dell’anidride carbonica.

La IAEA lancia un programma di ricerca sui sistemi ibridi nucleare-rinnovabili

L’International Atomic Energy Agency (IAEA) lancia un progetto coordinato di ricerca (CRP) per approfondire il potenziale sinergico di nucleare e rinnovabili. In particolare il progetto triennale si prefigge l’obiettivo di approfondire la conoscenza del ruolo, delle performance e dell’impatto dei sistemi imbridi nucleare-rinnovabili nel supplire alla domanda di energia presente e futura. Se spesso nucleare e rinnovabili sono considerate due scelte antitetiche nella srada verso la decarbonizzazione, il potenziale di una loro combinanzione è in gran parte inesplorato. Allo scopo dunque di preparare la strada verso la commercializzazione di questi sistemi ibridi, il CRP produrrà simulazioni, dati e analisi volti a definire in dettaglio i limiti e le potenzialità tecniche di questo accoppiamento sia per qanto riguarda le tecnologie esistenti che per quanto attiene i reattori di futura commercializzazione. Il progetto, inizio previsto nel gennaio 2022, finanzierà contratti di ricerca di vario livello a favore degli istituti di ricerca coinvolti, purché situati in Stati membri della IAEA. Le proposte di ricerca possono essere sottomesse fino al 1 ottobre 2021 da enti di ricerca che abbiano programmi di ricerca attivi in energie rinnovabili o tecnologie nucleari. Per maggiori informazioni consultare il bando ufficiale.

Webinars UNIPI 2021

Per la serie Past-students and Expert Webinars in Nuclear Engineering promossi dal Corso di laurea in Ingegneria Nucleare dell’Università di Pisa, segnaliamo i seguenti appuntamenti della prima metà di giugno: Venerdì 4 giugno ore 15: Fuel performances in fast reactors under normal and severe accident conditions, Simone Gianfelici, KIT, Germany. Venerdì 11 giugno ore 14: Severe accidents in FR – Simmer validation via EBR II IAEA benchmark, Barbara Vezzoni, Framatome, France. Venerdì 11 giugno ore 16: Unlocking nuclear power’s potential to address climate change: the anticipated role of advanced nuclear technologies, Stefano Monti, IAEA, Austria. Per maggiori informazioni visitare la pagina ufficiale.

Cingolani: se l’Europa apre al nucleare i minireattori non siano un tabù

Lo scorso 19 maggio in un’intervista a tutto campo rilasciata a Il Foglio il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha espresso quella che potrebbe essere considerata un’apertura di principio allo sviluppo, e forse anche all’uso, di piccoli reattori modulari (SMR) in Italia. In un intervista ad ampio spettro il ministro ha condannato un certo ambientalismo ideologico che punta al mantenimento dello status quo piuttosto che all’innovazione e alla protezione dell’ambiente. Parlando degli Small Modular Reactors, reattori di piccola taglia (meno di 300 MW) che dovrebbero affacciarsi sul mercato entro la fine di questo decennio, Cingolani li ha definiti “un’opzione concreta” attualmente allo studio da parte di molti Paesi, aggiungendo che qualora l’Europa dovesse dare luce verde all’investimento in questa tipologia di reattori “anche l’Italia dovrebbe consderarli e aprire una discussione sui costi e sui benefici”. Il Presidente di Associazione Italiana Nucleare, Umberto Minopoli, ha salutato con favore le dichiarazioni del ministro: “Si fa strada, finalmente, l’idea che essere ambiziosi sul taglio delle emissioni carbonifere al 2030 e al 2050, è una velleità se ai tagli non contribuisce la generazione di energia verde prodotta da nucleare”, ha dichiarato Minopoli, aggiungendo il suggerimento a sostenere industria ed enti di ricerca che investano in modelli di reattori avanzati di piccola taglia e auspicando che di nucleare si torni a parlare senza pregiudizi, demonizzazioni e senza la tanta disarmante disinformazione che circola.