Operazione militare russa e centrali nucleari ucraine

(Aggiornato il 25 Marzo 2022) Nel febbraio 2022, la Russia ha lanciato una massiccia operazione militare contro l’Ucraina. Forze terrestri, con l’appoggio di aerei d’attacco al suolo ed elicotteri da combattimento, sono penetrate nel paese da nord (Bielorussia), da est lungo il confine russo, dalla Crimea e dal Mar Nero con una serie di operazioni anfibie e lanci di paracadutisti. Il 24 febbraio l’Ucraina ha informato l’AIEA che le forze russe avevano preso il controllo del sito nucleare di Chernobyl. Nelle prime ore del 4 marzo la centrale di Zaporizhzhia nel sud-est dell’Ucraina è diventata la prima centrale nucleare civile operativa teatro di uno scontro armato. Durante la notte alcuni proiettili hanno colpito un tunnel servizi all’interno del perimetro dell’impianto. Lo scontro armato vero e proprio è avvenuto all’ esterno della recinzione della security della centrale nucleare, danneggiando in modo importante un edificio convenzionale utilizzato come centro informazioni e addestramento. L’interno del sito e nessuna delle sei unità dell’impianto ha subito danni. Le forze russe hanno quindi preso il controllo dell’impianto. I sei reattori non sono stati interessati e non vi è stato alcun rilascio di materiale radioattivo. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) segue da vicino gli sviluppi nel paese per quanto riguarda i suoi impianti nucleari e fornisce aggiornamenti regolari sulla situazione. Di seguito riportiamo alcune informazioni di carattere generale riguardanti la tipologia degli impianti. Reattori in operazione in Ucraina Nome Modello Tipo di reattore Potenza di progetto (MW elettrici) Khmelnitski 1 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Khmelnitski 2 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Rivne 1 VVER V-213 Acqua pressurizzata 381 Rivne 2 VVER V-213 Acqua pressurizzata 376 Rivne 3 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Rivne 4 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 South Ukraine 1 VVER V-302 Acqua pressurizzata 950 South Ukraine 2 VVER V-338 Acqua pressurizzata 950 South Ukraine 3 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 1 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 2 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 3 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 4 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 5 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 6 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Si tratta di reattori costruiti tra gli anni ’70 e i primi anni 2000. Di seguito riportiamo alcune domande e risposte di carattere generale riguardanti la sicurezza e i possibili rischi per le popolazioni e l’ambiente legati al conflitto in corso. Domanda: È possibile che in seguito a un bombardamento di un reattore si verifichi un’esplosione nucleare? Risposta: No, non è possibile in quanto la composizione e distribuzione geometrica del combustibile non è tale da poter innescare in alcun caso un’esplosione nucleare. Inoltre, i reattori ad acqua pressurizzata (a differenza di una bomba) rispondono intrinsecamente ad un aumento istantaneo (gradino) di potenza disinnescando la reazione a catena. Quello che è possibile è che una serie di bombardamenti mirati creino un danneggiamento a componenti contenenti materiale radioattivo. Domanda: È possibile che in seguito a un bombardamento si verifichi un’altra Chernobyl? Risposta: No, non è possibile. A Chernobyl, a seguito della disintegrazione del nocciolo, è intervenuto un vasto incendio della grafite (il “moderatore” utilizzato in quella specifica tipologia di impianto) che ha comportato, per la totale assenza di un dedicato edificio di protezione, un rilascio diretto nell’atmosfera, fino ad alta quota, di quantità notevoli di sostanze radioattive, superiori all’incidente di Fukushima, spinte anche dal calore e dalla durata dell’incendio2. I reattori attualmente installati e operativi in Ucraina sono di tipologia totalmente diversa, ad acqua pressurizzata (v. tabella sopra), sono dotati di successive barriere di contenimento (in particolare, di un edificio dedicato di protezione) e non contengono grafite (materiale infiammabile). Domanda: il sito di Zaporizhzhia ospita 6 centrali nucleari; può accadere che un incidente in uno dei reattori si propaghi a catena agli altri, moltiplicando l’effetto per 6? Risposta: ogni reattore è ospitato in un edificio separato dagli altri, con sistemi di sicurezza indipendenti, perciò la probabilità che un incidente anche grave in un singolo reattore si propaghi agli altri è nulla. Può esserci un’interazione se più edifici sono danneggiati. Domanda: Possono accadere incidenti con rilascio di sostanze radioattive? Risposta: I reattori oggi operativi in Ucraina, di concezione completamente diversa rispetto ai reattori del tipo di Chernobyl e analoga ai reattori diffusi nel mondo occidentale, presentano barriere fisiche specifiche e dedicate, assenti nei reattori del tipo di Chernobyl, a contenimento del refrigerante/moderatore, che in questi reattori è acqua. Questo significa che per mettere in comunicazione con l’atmosfera il “nocciolo” contenente il combustibile nucleare (in cui è concentrata la radioattività) è necessaria un’esplosione dall’esterno molto potente, in grado di distruggere tutte le barriere, di grande spessore, di cemento e acciaio. Una tale detonazione dovrebbe avvenire con un’azione di grandissimo impatto e deliberata. Per dare un’idea, l’edificio del reattore, almeno per le unità più recenti (come il VVER1000 V-320) è progettato per resistere anche all’ impatto con un aereo3. Azioni militari “tradizionali” e mirate potrebbero invece mettere fuori uso i sistemi di raffreddamento del nocciolo, anche quelli di emergenza, nel qual caso, se non si intervenisse prontamente con sistemi di refrigerazione del nocciolo, si potrebbe verificare una situazione simile a Fukushima, con surriscaldamento del nocciolo stesso e conseguente rilascio di sostanze radioattive. È però di grande importanza ricordare che la quasi totalità dei reattori nucleari oggi in esercizio nel mondo, compresi quelli ucraini, prevede la serie di barriere sopra citata, realizzate secondo il principio della cosiddetta “difesa in profondità”, di cui fanno parte anche sistemi di raffreddamento d’emergenza, per cui la fusione o esposizione del nocciolo avviene soltanto a seguito del fallimento di tutte le barriere precedenti, un evento di probabilità assolutamente remota, anche nel quadro di teatri operativi bellici “tradizionali”. Domanda: A Chernobyl funzionano ancora dei reattori nucleari? Risposta: No, l’ultimo reattore di Chernobyl, della tipologia RBMK, cioè della tecnologia utilizzata nel reattore che fu oggetto del tragico incidente dell’aprile 1986, è stato spento nel 2000. Anche gli altri impianti dello stesso tipo presenti in Ucraina sono stati tutti fermati da decenni, allo scopo di prevenire rischi di incidenti analoghi a quello avvenuto…

L’Europa è pronta a ridare fiducia al nucleare?

Può la situazione geopolitica dare l’assist che mancava all’energia nucleare in Europa? Sempre più spesso -anche sui mass media italiani!- sentiamo finalmente parlare di ritorno al nucleare. Naturale: come scartare una fonte a basse emissioni di CO2, concentrata, sicura, poco dipendente dal prezzo del combustibile, stabile ed affidabile? Qualche nazione, come l’Italia, lo declina in investimenti nel nucleare di nuova generazione o in centrali nei Paesi vicini; qualcuno invece lo declina come accelerazione sui nuovi reattori o come salvataggio delle centrali già in funzione. Vi proponiamo una piccola carrellata delle notizie internazionali. Svizzera. Un sondaggio a cura di Demoscope commissionato dal Nuclear Forum svizzero mostra che il 44% della popolazione è “molto favorevole” a continuare ad utilizzare l’energia nucleare, e molti sono contro la normativa che impedisce la costruzione di nuovi impianti. Il 49% degli intervistati pensa che la popolazione dovrebbe avere il diritto di decidere di volta in volta se costruire una nuova centrale. Repubblica Ceca. La compagnia energetica di Stato lancia una gara per scegliere il fornitore di un nuovo reattore presso l’impianto di Dukonavy nel sudest del Paese, che conta già 4 reattori VVER in operazione dagli anni ’80. Oltre a queste ci sono altre due unità VVER-1000 in Temelin: in totale forniscono il 37% dell’elettricità nazionale. La costruzione dovrebbe iniziare nel 2029 ed essere completata nel 2036, con un costo stimato di circa 6mld€: la previsione è di un reattore di generazione III+ con capacità installata massima di 1200MW. Le concorrenti al momento sono tre: la francese EDF, la sud coreana Korea Hydro & Nuclear Power, e la statunitense Westinghouse. Le compagnie di Stato russe e cinesi sono state escluse per questioni di sicurezza. Belgio. Il primo ministro De Croo venerdì scorso ha dichiarato: “Il governo federale ha deciso di prendere i necessari provvedimenti per estendere la vita di due reattori nucleari di dieci anni.” I reattori sono Doel-4 e Tihange-3. De Croo ha aggiunto: “Questa estensione rafforzerà l’indipendenza del nostro Paese dai combustibili fossili in una situazione geopolitica turbolenta. Per troppo tempo al nostro Paese è mancata una visione di lungo termine, questo ha causato molta incertezza. La nostra scelta odierna risponde a tale mancanza.” La decisione del graduale phase-out risale al 2003. UK. Secondo il Financial Times, il primo ministro Boris Johnson sta considerando la possibilità di estendere la vita del reattore Sizewell B di 20 anni. Sizewell B è l’unico degli 11 reattori britannici che continuerà a generare energia dopo la fine del decennio: in funzione dal 1995, è un PWR da 1’198MW – fornendo circa il 3% dell’elettricità del Paese. Bulgaria. Il ministro dell’energia lavora per la rapida costruzione di almeno un nuovo reattore nel Paese, molto probabilmente nel sito di Kozloduy. Potrebbe essere pronto tra il 2028 e il 2030, ed è stata menzionata la possibilità di un secondo nuovo reattore nello stesso sito.      

AIN in audizione alle commissioni della Camera

Oggi 14 Marzo 2022 alle 15 il Presidente Minopoli ha partecipato in videoconferenza alle audizioni informali dalle commissioni VIII e X della Camera nell’ambito dell’esame del decreto-legge n. 17 del 2022: Misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali. Con grande soddisfazione riportiamo la notizia, sapendo che è solo uno dei passi necessari affinché il nostro Paese e l’Unione Europea tutta si dotino di un piano energetico che possa garantire stabilità nelle forniture e nei prezzi, basso impatto ambientale e sulla salute umana.   Pubblichiamo quindi il testo integrale del nostro intervento Intervento di Umberto Minopoli, Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare Il decreto si occupa dell’emergenza, ma intende anche porre le premesse per diversificare efficacemente il nostro sistema energetico, dopo la crisi dei prezzi, quella ucraina e nella prospettiva della transizione energetica. Noi suggeriamo, anche, la richiesta italiana di un recovery plan europeo, specifico, per l’elettricità. Va benissimo l’ipotesi di sganciare i prezzi dell’elettricità da quelli del gas di importazione. Ma deve valere anche per il futuro e, proponiamo, anche per l’energia elettrica europea prodotta da fonte nucleare. Quella esistente e quella in costruzione. Non basta solo diversificare le aree da cui importiamo beni energetici. Occorre anche diversificare le fonti con cui produciamo energia elettrica. E privilegiare le fonti interne. Serve un piano europeo per l’elettricità. Nucleare e rinnovabili rappresentano le fonti che, nel futuro, meglio potranno integrarsi per assicurare un sistema europeo sostenibile, resiliente e che garantisca approvvigionamenti sicuri, indipendenza e ottimizzazione della rete. Il nucleare è già oggi, in Europa, la prima fonte non carbonica nel mix elettrico dell’Unione. Gli investimenti nel nucleare, dunque, vanno considerati un’opportuna scelta europea. L’Italia, che importa energia nucleare per il 14% del suo fabbisogno, deve sostenere la decisione europea di ammettere il gas e il nucleare nella tassonomia delle fonti sostenibili. Le importazioni di energia elettrica dall’Europa, molto probabilmente, dovranno aumentare. Noi proponiamo che questo avvenga in nuove modalità che stabilizzino il prezzo dell’elettricità per famiglie e imprese. La nostra proposta è: partecipare direttamente agli investimenti europei in nuove centrali nucleari. La tassonomia, in questo, aiuta. Pensiamo a consorzi di utilizzatori, o a iniziative di utilities italiane e a filiere industriali nazionali che partecipino alla costruzione delle future centrali europee. Per ritirare energia da quelle centrali a prezzo di produzione e non di importazione. Il modello è l’accordo Enel-Edf del 2009 sulla centrale di Flamanville in Francia. Abortito dopo il referendum del 2011. Come associazione tecnico scientifica non suggeriamo, come fu con l’abbandono del nucleare, scelte emotive di nuove costruzioni nucleari oggi. Ma in una visione strategica di cambio del nostro mix energetico il problema si impone. E le premesse vanno messe. Associazione Italiana Nucleare propone alcune misure: un accordo europeo sull’import elettrico; la partecipazione alle nuove costruzioni nucleari europee, specie quelle ai nostri confini; la partecipazione alle iniziative nucleari europee: non solo ITER e la fusione nucleare (dove siamo protagonisti internazionali) ma anche il sicuro e nuovo nucleare da fissione (terza generazione avanzata, small reactors e quarta generazione); il recupero del mancato inserimento del nucleare nel PNRR inserendo la ricerca nucleare nel sistema ordinario della ricerca (al pari della scelta che il decreto energia indica per l’automotive); il sostegno (l’esempio è la legge che consentì all’Italia di costruire la terza industria aerospaziale europea) le imprese italiane che scelgono di partecipare alle iniziative nelle nuove tecnologie nucleari e in tutte quelle della transizione energetica, attraverso la ricerca, la manifattura o l’ingegneria; la realizzazione, finalmente, del Deposito Nazionale dei rifiuti nucleari.   Grazie per l’opportunità, data oggi, ad una comunità, quella nucleare italiana, che è di tecnici, scienziati, accademici, imprese, ricercatori che rappresentano un punto di forza e prestigio del nostro Paese in Europa e nel mondo.

Olkiluoto-3 inizia a produrre elettricità

Dopo 15 anni l’Europa vede un nuovo reattore commerciale generare elettricità per la rete! L’ultimo ad entrare in funzione in Europa era stato il Cernavoda-2 in Romania nel 2007, in Finlandia Olkiluoto-2 nel Luglio 1982. Questo reattore ha una potenza di 1600 MW: al momento lavora al 27% delle sue capacità e si prevede che arrivi gradualmente a piena potenza nel Luglio 2022. Si prevede che da solo possa soddisfare ben il 14% della domanda di elettricità finlandese, riducendo naturalmente la dipendenza energetica dalle importazioni di Russia, Svezia e Norvegia. In questo periodo di sconvolgimento geopolitico infatti è opportuno ricordare quanto i legami siano stretti tra i Paesi: secondo le statistiche redatte da Finnish Energy, la Russia nel 2020 ha fornito circa il 50% del carbone importato, il 10% dell’import di elettricità e due terzi del petrolio e del gas importati. Benvenuto Olkiluoto-3!