IEA World Energy Outlook 2022

Questa mattina la International Energy Agency ha pubblicato il World Energy Outlook 2022. IEA ha già descritto l’attuale situazione come la prima crisi energetica globale. Scatenata dall’invasione dell’Ucraina, questa sta generando cambiamenti profondi e di lungo termine, a detta di IEA, che possibilmente possono contribuire alla costruzione di un sistema energetico più sicuro e sostenibile. Naturalmente l’Europa è la più colpita ma il dibattito pubblico ha ormai riconosciuto l’importanza della stabilità degli approvigionamenti a livello globale, insieme alla stringente necessità di decarbonizzazione. Uno dei risultati principali è l’aumento del peso dell’elettricità nel consumo totale di energia: dal 20% odierno a più del 50% a metà secolo. Si riconosce inoltre la necessità di un netto aumento degli investimenti nel settore energetico per permettere la transizione, e di conseguenza un incremento dagli attuali 65 a 90 milioni nel 2030 di occupati nel settore. L’idrogeno e le possibili nuove vulnerabilità, come l’approvvigionamento di materiali, sono anche presi in considerazione. Tutto il materiale è disponibile sul sito ufficiale: la registrazione dell’evento di lancio, il documento integrale, il dataset gratuito e quello esteso.  

IEA e il suo report sul nucleare

Secondo l’ultimo report della International Energy Agency (IEA), dovremmo raddoppiare la produzione di energia da nucleare entro il 2050 per arrivare agli obiettivi di emissioni che ci siamo posti e contemporaneamente assicurare la sicurezza ed indipendenza energetiche necessarie alle Nazioni. L’energia nucleare, con i suoi 413 GW in 32 Paesi, contribuisce ad entrambi questi obiettivi evitando 1.5 gigaton di emissioni e 180 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Si prevede che eolico e solare fotovoltaico spingeranno fortemente la sostituzione dei combustibili fossili, ma come sappiamo devono essere necessariamente integrati e supportati da sorgenti energetiche dispacciabili.   Il decennio che seguì la crisi del petrolio del 1973 vide l’inizio della costruzione di quasi 170GW di impianti nucleari, che ancora oggi rappresentano il 40% della potenza nucleare installata. Nell’ultimo decennio invece, la nuova potenza installata è arrivata a soli 56GW.   Secondo la IEA il graduale riconoscimento della potenzialità del nucleare da parte della politica è un segnale positivo e reale e ci fa sperare in un reale ritorno del nucleare.   Uno degli argomenti trattati è l’estensione della vita degli impianti come parte indispensabile per la riduzione dei costi. Circa 260GW (cioè il 63%) degli impianti nucleari odierni hanno più di trent’anni e si avvicinano alla scadenza della loro autorizzazione iniziale. Nonostante alcuni sforzi degli ultimi tre anni di estendere la vita di alcuni impianti (che rappresentano il 10% del totale), il parco nucleare al momento operativo nelle economie avanzate potrebbe ridursi di un terzo entro il 2030. Nello scenario ipotizzato da IEA, la vita di oltre metà di questi impianti viene estesa, riducendo la necessità di potenza aggiuntiva fino a 200GW. Inoltre il costo del capitale per molte delle estensioni è circa di 500-1100 USD per kW nel 2030, portando ad un LCOE (levelised cost of electricity) molto sotto o 40 USD per MWh – competitivo addirittura con solare ed eolico in molte regioni!   Riporta anche del ruolo fondamentale che gli Small Modular Reactors possono dare all’industria. Gli SMR sono reattori piccoli sia in dimensione che in potenza erogata (sotto i 300 MW) e modulari nel senso di fabbricabili in serie e trasportabili – proprietà che si prevede possano abbassare costi e tempi di installazione. Molte nazioni stanno maturando un sempre crescente interesse per questi SMR, che possono essere di diverse tipologie, tra le quali Francia, UK, USA e Canada. È possibile che gli SMR riutilizzino anche gli impianti a combustibili fossili in dismissione, sfruttando le linee di trasmissione già esistenti, le acque di raffreddamento e personale specializzato.   Faith Birol, direttore, ha commentato: “Nel contesto odierno di crisi energetica globale, prezzi dei combustibili fossili alle stelle, la sicurezza degli approvvigionamenti minacciata e obiettivi climatici ambiziosi, credo che si sia creata un’opportunità unica per un ritorno del nucleare. Ma una nuova era per il nucleare non è assolutamente garantita”   Infatti dipenderà dalla capacità dei governi di mettere a terra politiche di lungo termine – sia dal punto di vista dei finanziamenti che della regolamentazione, e dall’industria nucleare (soprattutto occidentale) di migliorare la capacità di costruire in tempo e senza aumenti di costo gli impianti.     La IEA infine ha formulato le sue raccomandazioni: estendere la vita degli impianti esistenti, in modo che possano continuare ad operare in sicurezza quanto più a lungo possibile fare in modo che i mercati elettrici valorizzino la potenza dispatchable a basse emissioni, compensando il nucleare in modo competitivo e non discriminatorio, riconoscendo l’assenza di emissioni e il forte supporto nel mantenere al sicuro la distribuzione di energia elettrica, incluso ad esempio la disponibilità di potenza e il controllo delle frequenze. creare frameworks per supportare i nuovi reattori, frameworks finanziari e di gestione del rischio che possano muovere investimenti ad un costo accettabile promuovere una regolamentazione in materia di sicurezza efficiente ed efficace, assicurandosi che gli enti regolatori abbiano risorse e capacità sufficienti ad esaminare rapidamente progetti e design nuovi, sviluppare criteri di sicurezza armonizzati, coinvolgere potenziali nuovi sviluppatori e il pubblico implementare soluzioni per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari, coinvolgendo anche i cittadini per l’approvazione e la costruzione di depositi per rifiuti ad alta attività accelerare lo sviluppo e l’installazione di small modular reactors, identificando i settori dove possano essere una soluzione efficace ed economica per elettricità, calore e idrogeno e supportando gli investimenti in progetti dimostratori e nella catena di approvigionamento rivalutare i piani sulla base delle performance, per aiutare l’industria nucleare ad installare progetti sicuri senza ritardi e costi aggiuntivi   Consigliamo la lettura dell’intero report a questo link.

IEA: energia e nucleare

IAEA ha pubblicato un estratto di un incontro con Faith Birol, riportiamo e traduciamo qui L’economista energetico di fama mondiale e direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia Fatih Birol non è estraneo al nucleare: si è espresso a favore di tutte le opzioni a basse emissioni, compresa l’energia nucleare, nella lotta ai cambiamenti climatici. L’anno scorso era nell’elenco Time 100 delle persone più influenti del mondo ed è il presidente del World Economic Forum Energy Advisory Board. Oggi a Vienna, su invito del Direttore Generale della IAEA Rafael Mariano Grossi, ha tenuto una conferenza ai rappresentanti degli Stati membri dell’IAEA dal titolo “Crisi energetica globale: implicazioni per i mercati energetici e il clima”. Abbiamo parlato con il Direttore Esecutivo Birol dopo il briefing di un’ora, in cui hanno partecipato rappresentanti di oltre 70 paesi e molti hanno posto domande.   Durante il briefing, ha parlato di una crisi energetica e di una crisi climatica simultanee. Quale ruolo vede per l’energia nucleare nell’affrontare questi problemi? Oggi assistiamo ad una crisi energetica, insieme ad una crisi umanitaria e ad una crisi climatica. Sono tutti interconnessi. Credo che siamo in effetti nella prima crisi energetica globale, e questa sta colpendo i mercati del petrolio, del gas, dell’elettricità e del carbone. Il mondo non ha mai visto una tale crisi energetica. È un nuovo mondo energetico con nuove realtà: siamo a un punto di svolta per l’energia globale. Credo che l’energia nucleare possa svolgere un ruolo nei Paesi in cui è accettato, e possa influire sia la sicurezza energetica che il clima. A tal fine, dobbiamo assicurarci che l’industria nucleare rispetti i tempi e i costi, e anche il funzionamento sicuro delle centrali nucleari è di fondamentale importanza. La crisi petrolifera degli anni ’70 ha portato dolore economico e sociale, ma ha anche portato innovazione, sia in termini di maggiore efficienza energetica che di crescita nell’uso di altre fonti di energia, compreso il nucleare. Oltre il 40% delle centrali nucleari di oggi sono state costruite in risposta alla crisi petrolifera. Il mondo di oggi ha opzioni energetiche altamente competitive per aiutarci a superare la crisi energetica: solare, eolico, auto elettriche e nucleare. Lei ha detto che molti paesi stanno “rivalutando” l’energia nucleare. Perché è così e perché sta accadendo ora? Diversi paesi, sia economie avanzate che economie in via di sviluppo, stanno considerando il nucleare. Molti paesi che avevano rimosso il nucleare dalle loro opzioni energetiche stanno rivalutando questa opzione. Il motivo è che capiscono che il nucleare, se gestito in modo sicuro, può fornire supporto alla sicurezza dell’elettricità e della sicurezza energetica per i loro Paesi. Inoltre, il nucleare può essere una delle opzioni per il settore energetico per ridurre le emissioni di gas serra, il che può aiutare i Paesi a raggiungere gli obiettivi che hanno promesso. Molti governi quindi vedono il nucleare come una delle opzioni, non l’unica opzione, ma sicuramente una delle opzioni. Il solare e l’eolico stanno diventando molto economici, ma una delle fonti di elettricità più economiche al mondo è l’estensione della vita delle centrali nucleari esistenti. Se invece le perfetteamente valide preoccupazioni sulla sicurezza energetica di molti Paesi verranno soddisfatte da un maggior utilizzo del carbone, gli obiettivi sul cambiamento climatico saranno fuori portata.   In diversi Paesi, in particolare in Occidente, una questione chiave è l’opinione pubblica. Cosa possono fare organizzazioni come la IEA e la IAEA per influenzare le opinioni e contribuire a garantire che vi sia una visione obiettiva del nucleare? Non siamo un’organizzazione pro o anti-nucleare. Siamo un’organizzazione a favore della sicurezza energetica e della lotta ai cambiamenti climatici. Noi analizziamo e riportiamo solo i fatti. E i fatti dimostrano che in assenza del nucleare sarà molto più difficile e costoso raggiungere gli obiettivi climatici internazionali. Un altro fatto che diciamo ai governi è che l’estensione della vita delle centrali nucleari esistenti è una delle fonti più economiche di elettricità pulita. Questi sono i fatti che i governi devono dire ai cittadini di cambiare opinione e superare alcuni tabù. C’è già un cambiamento nella percezione dell’energia nucleare. Le persone si rendono conto che la sicurezza energetica e la lotta al cambiamento climatico sono importanti. Se utilizziamo molte energie rinnovabili e c’è una fredda giornata invernale con poco vento, allora avremo bisogno di altre fonti di elettricità pulita come il nucleare. Il sostegno pubblico e il sostegno del governo stanno infatti crescendo: ora l’industria nucleare deve rispettare i costi e rispettare i tempi.

IEA: nel 2025 il nucleare avrà costi altamente competitivi

Un nuovo rapporto curato congiuntamente dall’International Energy Agency (IEA) e dalla Nuclear Energy Agency (NEA) e che analizza i costi prospettici della produzione di elettricità al 2025, posiziona il nucleare tra le fonti a basse emissioni più competitive dal punto di vista economico. Inoltre, le centrali nucleari esistenti per le quali viene estesa la licenza di operatività a 10 o 20 anni risultano le fonti di produzione di elettricità meno costose in assoluto. Il rapporto, che raccoglie i dati inviati da diversi Paesi su base volontaria (a questa edizione contribuiscono i dati di 243 centrali di 24 diversi Paesi), viene rilasciato ogni 5 anni. Tradizionalmente, le varie fonti di energia vengono confrontate sulla base del loro Levelized Cost of Energy (LCOE). In questa edizione inoltre gli autori hanno voluto spingersi oltre, analizzando anche costi non inclusi nell’LCOE, quali i costi di sistema della produzione rinnovabile intermittente. Nell’insieme, il rapporto mostra come l’energia a basse emissioni stia divenendo sempre più competitiva rispetto ai combustibili fossili. Benché sussistano ampie differenze geografiche, questo dato è comune alla gran parte del campione analizzato. Tra le rinnovabili, la maggiore riduzione dei costi rispetto al 2015 si osserva per l’eolico off-shore, ormai ampiamente sotto i 100$/MWh. Tuttavia, l’introduzione del Value adjusted Levelized Cost of Energy (VALCOE) conferma un dato già noto, ovvero che la competitività delle rinnovabili diminuisce quando il loro peso nel mix elettrico supera una certa soglia, a causa dei maggiori costi di sistema. Anche il nucleare mostra costi in calo rispetto al 2015, almeno per quanto riguarda le nuove costruzioni di concetti NOAK (nth-of-a-kind), vale a dire di design già collaudati. Si conferma anche in questo caso la variabilità regionale (si va da LCOE pari a 48$/MWh in India ad 87$/MWh in Giappone). La fonte nucleare (LCOE mediano a 69$/MWh) è in prospettiva più conveniente del carbone (88$/MWh) e agli stessi livelli del gas a ciclo combinato (71$/MWh), il cui LCOE dipende molto dalla variabilità del prezzo del gas e delle emissioni a livello regionale. Tuttavia, il prolungamento della vita delle centrali esistenti rende l’energia elettrica da esse prodotta quella con i costi più bassi in assoluto (32$/MWh), anche in caso di capacity factor (ovvero ore annue di utilizzo) ridotto in reti ad alta penetrazione di rinnovabili intermittenti. Per quanto riguarda le tecnologie di sequestro delle emissioni di cui potrebbero beneficiare i combustibili fossili, queste restano non competitive fintanto che il prezzo delle emissioni si mantiene sui livelli attuali (30$ per tonnellata di CO2). Ovviamente, il calcolo dell’LCOE richiede un certo grado di armonizzazione tra le diverse tecnologie di fattori che nella realtà sono molto variabili, ad esempio il capacity factor (nel rapporto assunto pari a 85% per le fonti fossili e per il nucleare) e il tasso di sconto (negli esempi citati sopra pari al 7%). Per quanto riguarda la costruzione di nuove centrali nucleari questi due fattori sono dirimenti. Mentre le centrali a gas a ciclo combinato garantiscono un buon ritorno economico anche con capacity factor più bassi e dunque si prestano alla modulazione della curva di carico seguendo le rinnovabili intermittenti, il nucleare richiede invece capacity factor elevati per garantire la remunerazione. Similmente, se un tasso di sconto del 3% rende l’investimento nel nucleare competitivo rispetto alle centrali a gas, le fonti fossili restano più convenienti a tassi di sconto superiori al 7%. Una simile conclusione era stata raggiunta per i reattori modulari NuScale in un rapporto del Breakthrough Institute, sebbene la compagnia abbia recentemente annunciato che i suoi moduli avranno una potenza del 25% superiore rispetto al previsto. Infine, bisogna notare che l’LCOE non riflette necessariamente il costo economico reale delle diverse fonti, che può subire un aggiustamento, in positivo o negativo, considerando il Value Adjusted Levelized Cost of Energy (VALCOE): dal rapporto emerge ad esempio che le centrali a turbo gas, per la loro capacità di fornire elettricità quando ce ne è più bisogno, sono molto più appetibili di quanto emerga dal loro LCOE, mentre il solare fotovoltaico, per il motivo opposto, perde competitività. Per quanto riguarda il nucleare, il VALCOE non differisce apprezzabilmente dall’LCOE.

La IEA vede crescere il nucleare e le rinnovabili nel suo Outlook 2020

E’ stato pubblicato il 13 ottobre ed ha avuto una certa risonanza nei media nostrani l’Energy Outlook 2020 della International Energy Agency (IEA). A trarre l’attenzione dei media generalisti il dato secondo il quale l’agenzia vede il solare trainare la crescita della nuova capacità elettrica al 2030, rappresentando, nello scenario SDS (Sustainable Development Scenario), l’80% della nuova capacità. Quello che i media non riportano, anche perché la voce nucleare nel rapporto esecutivo è “mascherata” sotto la voce other low-carbon sources, è che lo stesso scenario prevede una crescita di poco inferiore per il nucleare (in termini di elettricità addizionale prodotta parliamo di 6700 TWh contro 8100 TWh di solare, al 2030), pari ad un aggiunta di 140 GW di nuova capacità (al 2030) che dovrebbero portare la capacità nucleare globale a 599 GW nel 2040. Per dare la misura di quanto ambizioso sia questo scenario ne citiamo integralmente la descrizione: “a surge in clean energy policies and investment puts the energy system on track to achieve sustainable energy objectives in full, including the Paris Agreement, energy access and air quality goals”. Eh sì, perché servirebbe proprio uno tsunami sulle politiche energetiche e sui meccanismi di incentivo per far si che questa crescita nella capacità nucleare si avveri. Tanto per intenderci, l’attuale capacità installata è poco superiore ai 390 GW, e ci sono reattori in costruzione per altri 54 GW[1]. Si tratterebbe quindi di avviare, più o meno domani, progetti nucleari per altri 86 GW, mantenendo in operatività tutte le centrali oggi in funzione. Raggiungere i 599 GW al 2040 richiederebbe uno sforzo ancor maggiore. Certo non impossibile, se la capacità nucleare in tutte le regioni del globo crescesse al ritmo dell’Est asiatico e dell’Asia Meridionale-Medio Oriente, che guidano la classifica con rispettivamente 21 e 15 GW di capacità in costruzione. Nelle Americhe, però, di nucleare non se ne aggiunge virtualmente più. L’Africa, inoltre, sta muovendo i primi passi nel nucleare, per lo più grazie a Russia e Cina. Un certo impulso potrebbe venire dai nuovi reattori modulari (SMR), ma non illudiamoci che basti. I grandi progetti nucleari saranno ancora necessari per avverare questi scenari, e per renderli fattibili serve un approccio completamente differente nella politica energetica, totalmente appiattita sulle rinnovabili, e della regolamentazione del nucleare, troppo disomogenea a livello globale. [1] https://pris.iaea.org/pris/