Ansaldo Energia e Nucleare, Edison ed EDF insieme

È di oggi la notizia che vede insieme EDF, Edison, Ansaldo Energia ed Ansaldo Nucleare per lo sviluppo dell’energia nucleare in Europa, e in particolare per gli SMR. Nella lettera di intenti firmata si parla di collaborazione per lo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e anche in Italia, valorizzando le competenze della filiera nucleare italiana.   L’accordo acquisisce particolare rilievo se consideriamo le rispettive competenze: Edison come uno dei più prominenti attori energetici in Italia; EDF come primo produttore di energia nucleare al mondo; Ansaldo come sviluppatore di componenti e fornitore di servizi.   EDF in particolare impegnato nella realizzazione di nuovi progetti nucleari: gli small modular reactors NUWARD – per cui Ansaldo Nucleare ha firmato un primo contratto per la fornitura di studi di ingegneria-, i reattori mid-scaleEPR1200 e large-scale EPR.   Da non sottovalutare poi il loro impegno a “verificare le potenzialità di sviluppo e di applicazione del nuovo nucleare in Italia, date le crescenti esigenze di sicurezza e indipendenza energetica del sistema elettrico italiano.” Hanno infatti dichiarato che “l’energia nucleare può svolgere un ruolo complementare a quello delle fonti rinnovabili, garantendo stabilità e contribuendo alla sostenibilità ambientale del sistema elettrico, alla luce degli ambiziosi target di decarbonizzazione europei e italiani che fissano al 2050 il raggiungimento della neutralità climatica.” Come sappiamo, l’energia nucleare ha molti vantaggi tra i quali un ridotto consumo di suolo e materiali, nessuna emissione diretta di anidride carbonica o inquinanti, alto capacity factor e programmabilità della produzione. Gli Small Modular Reactors poi promettono un minore investimento iniziale ed una maggiore versatilità di installazione ed utilizzo.  

Tassonomia: dove andremo?

Dopo il recente voto sulla tassonomia, e in attesa del voto in plenaria del Parlamento Europeo del 7 luglio, condividiamo il messaggio di Jessica Johnson, Communications & EU Stakeholders Director di nucleareurope (ex FORATOM).   “Le mie riflessioni sul voto sulla Tassonomia Europea, che sento la necessità di scrivere visto la molta disinformazione Il risultato del voto nelle due commissioni del Parlamento non sono sorprendenti. Come abbiamo visto in passato, queste due commissioni non erano schierate a favore di nucleare e gas. In ogni caso ciò che è interessante è il numero di europarlamentari che ha votato contro la mozione (62), astenuti (4) o assenti (6). Se li sommiamo notiamo che su un totale di 148 europarlamentari, 76 hanno votato per la bocciatura del Complementary Delegated Act, ma 72 no. Questo conferma quanto il voto sarà sul filo del rasoio! Inoltre dimostra che l’opinione sul nucleare in queste commissioni sta evolvendo nel tempo in modo positivo. Quest’ultima è di fondamentale importanza perché in commissione era sufficiente la maggioranza degli europarlamentari coinvolti. Invece per il voto in Plenaria, per bocciare la mozione sarà necessaria la maggioranza del totale degli europarlamentari (353 dovrebbero espressamente votare per bocciare la tassonomia, altrimenti viene approvata automaticamente). Ecco perché l’astensione e le assenze che si sono verificate in commissione sono importanti e mostrano che c’è ancora una buona possibilità che la Tassonomia (e il nucleare) venga definitivamente approvata. Gli scienziati hanno reso inequivocabilmente chiaro che il nucleare è sostenibile. Se vogliamo prendere davvero seriamente la decarbonizzazione dell’economia della UE in modo sostenibile entro il 2050 (cioè tra meno di trent’anni) dobbiamo ascoltare la scienza. Questo è il motivo per il quale gli europarlamentari devono supportare l’inclusione del nucleare in tassonomia – non c’è piano B!”

Facciamo rete con l’Europa, da “Nucleare: Ritorno al futuro”

Nel suo ultimo libro, Nucleare: Ritorno al futuro, il presidente Minopoli sviscera una delle proposte di AIN per il futuro dell’elettricità – all’unico livello sensato: quello UE.   Viviamo tutti sulla pelle i risultati della poco lungimirante – per usare un eufemismo – politica energetica del nostro Paese e non solo. Già dall’estate 2021 abbiamo visto l’impatto dell’insufficienza di gas, naturalmente esacerbata dalla crisi ucraina. Negli ultimi mesi si è parlato di razionamenti, lo spettro dei blackout aleggia; ma è proprio questo il momento in cui occorrerebbe coraggio: superare la visione emergenziale e finalmente adottare e perseguire un mix elettrico (ma anche energetico) che possa sostenere il sistema Paese a lungo termine. Non basteranno le fonti rinnovabili che pure dovranno considerevolmente aumentare il loro peso nel mix del Paese. Nel 2020 le fonti di energia rinnovabile hanno coperto il 38% dei consumi di energia elettrica: il contributo preponderante resta quello della fonte idroelettrica, una ricchezza naturale, purtroppo con sviluppo limitato, che copre quasi i due terzi di questo consumo. La potenza installata delle fonti di energia rinnovabile ha raggiunto i 56,6 GW, crescendo a tassi sostenuti in tutti questi anni. Oggi, ancor più, dopo la crisi ucraina si parla di aggiungere, entro il 2030, 70 GW di energia rinnovabile al nostro mix elettrico. Praticamente 9 GW all’anno – quando a stento adesso aggiungiamo 1GW all’anno. Solo colpa della lentezza delle autorizzazioni? No, la penetrazione delle rinnovabili è limitata da limiti oggettivi, tra i quali il consumo di suolo, la necessità di un backup per le intermittenti, e talvolta la necessità di adeguare la rete elettrica. La stessa enel, che è diventata il principale produttore di energia rinnovabile, nei suoi piani triennali non va oltre 1 GW di previsione annua. […] Per quanto si possa incrementarne la quota, è impensabile, insomma, che l’energia rinnovabile possa diventare sostitutiva, nella produzione elettrica, del gas importato e cambiare il nostro mix elettrico.   Il nostro sistema energetico italiano è davvero troppo facile, il dialogo sul nucleare in Italia va riaperto. Come? Anzitutto, in una chiave europea. È presumibile che, nei prossimi anni, dovremo aumentare la quota di energia elettrica (oggi il 13,5% del fabbisogno, pari a 42,8 TWh) che importiamo dai Paesi vicini (compreso quella nucleare francese, svizzera o slovena prodotta a meno di 200 km dal nostro confine). Questa quota crescerà: probabilmente, da subito, per ulteriori 800 MW. Adeguare l’interconnessione elettrica è più facile che gestire gasdotti o siti di stoccaggio di gas. Per questo dovremo compensare con maggiore elettricità importata e non più solo con gasdotti e navi metaniere. Questo ci rende molto interessati al destino del nucleare in Europa, che, per i Paesi che vi ricorrono, è la fonte sostitutiva dei fossili, insieme alle rinnovabili, nel mix elettrico. Forse è opportuno, da parte dell’Europa, considerare la generazione elettrica da nucleare non solo una scelta domestica, dei singoli Paesi, ma una risorsa strategica dell’intera UE. Certamente, questo è nell’interesse dell’Italia. Una proposta è stata avanzata dall’Associazione Italiana Nucleare: investire (per esempio come consorzi di utilizzatori) sulle centrali nucleari in costruzione ai nostri confini (che sono tutte potenziamenti, con nuovi impianti, di quelle esistenti). I consorzi si impegnerebbero a investire nelle nuove centrali per quote che potrebbero ritirare, anticipatamente, a prezzo concordato, da quelle già operative, nel periodo intercorrente sino all’entrata in funzione dei nuovi impianti. È lo schema che enel aveva concordato sulla centrale EPR in costruzione di Flamanville. Fu cancellato, insieme al resto, dal referendum del 2011. E qui sentiamo già nelle orecchie la solita obiezione: troppi anni per la costruzione di una centrale. Oltre alla limitata validità di questa affermazione, bisogna dire che anche molte delle misure proposte oggi come soluzioni all’emergenza richiederanno tempi lunghi, in qualche caso fino a dieci anni (cioè quanto servirebbe oggi per costruire una centrale di terza generazione). Addirittura alcune innovazioni (idrogeno, elettrificazione della mobilità) richiederanno tempi anche superiori. Con questo vogliamo intendere che niente ci potrà aiutare? Assolutamente no. Dobbiamo semplicemente essere pragmatici: la transizione energetica per sua natura non può essere immediata, i sistemi energetici hanno per propria natura tempi lunghi di applicazione. Dobbiamo decidere e agire subito per vedere gli effetti tra un ventennio probabilmente. Certamente, quella dei tempi non può ritenersi un’obiezione seria al ritorno del nucleare in Italia.     Questo e molto altro nel nuovo libro di Umberto Minopoli, presidente AIN, nelle librerie e store online dal 26 maggio, disponibile anche su questo link.

AIN in audizione alle commissioni della Camera

Oggi 14 Marzo 2022 alle 15 il Presidente Minopoli ha partecipato in videoconferenza alle audizioni informali dalle commissioni VIII e X della Camera nell’ambito dell’esame del decreto-legge n. 17 del 2022: Misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali. Con grande soddisfazione riportiamo la notizia, sapendo che è solo uno dei passi necessari affinché il nostro Paese e l’Unione Europea tutta si dotino di un piano energetico che possa garantire stabilità nelle forniture e nei prezzi, basso impatto ambientale e sulla salute umana.   Pubblichiamo quindi il testo integrale del nostro intervento Intervento di Umberto Minopoli, Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare Il decreto si occupa dell’emergenza, ma intende anche porre le premesse per diversificare efficacemente il nostro sistema energetico, dopo la crisi dei prezzi, quella ucraina e nella prospettiva della transizione energetica. Noi suggeriamo, anche, la richiesta italiana di un recovery plan europeo, specifico, per l’elettricità. Va benissimo l’ipotesi di sganciare i prezzi dell’elettricità da quelli del gas di importazione. Ma deve valere anche per il futuro e, proponiamo, anche per l’energia elettrica europea prodotta da fonte nucleare. Quella esistente e quella in costruzione. Non basta solo diversificare le aree da cui importiamo beni energetici. Occorre anche diversificare le fonti con cui produciamo energia elettrica. E privilegiare le fonti interne. Serve un piano europeo per l’elettricità. Nucleare e rinnovabili rappresentano le fonti che, nel futuro, meglio potranno integrarsi per assicurare un sistema europeo sostenibile, resiliente e che garantisca approvvigionamenti sicuri, indipendenza e ottimizzazione della rete. Il nucleare è già oggi, in Europa, la prima fonte non carbonica nel mix elettrico dell’Unione. Gli investimenti nel nucleare, dunque, vanno considerati un’opportuna scelta europea. L’Italia, che importa energia nucleare per il 14% del suo fabbisogno, deve sostenere la decisione europea di ammettere il gas e il nucleare nella tassonomia delle fonti sostenibili. Le importazioni di energia elettrica dall’Europa, molto probabilmente, dovranno aumentare. Noi proponiamo che questo avvenga in nuove modalità che stabilizzino il prezzo dell’elettricità per famiglie e imprese. La nostra proposta è: partecipare direttamente agli investimenti europei in nuove centrali nucleari. La tassonomia, in questo, aiuta. Pensiamo a consorzi di utilizzatori, o a iniziative di utilities italiane e a filiere industriali nazionali che partecipino alla costruzione delle future centrali europee. Per ritirare energia da quelle centrali a prezzo di produzione e non di importazione. Il modello è l’accordo Enel-Edf del 2009 sulla centrale di Flamanville in Francia. Abortito dopo il referendum del 2011. Come associazione tecnico scientifica non suggeriamo, come fu con l’abbandono del nucleare, scelte emotive di nuove costruzioni nucleari oggi. Ma in una visione strategica di cambio del nostro mix energetico il problema si impone. E le premesse vanno messe. Associazione Italiana Nucleare propone alcune misure: un accordo europeo sull’import elettrico; la partecipazione alle nuove costruzioni nucleari europee, specie quelle ai nostri confini; la partecipazione alle iniziative nucleari europee: non solo ITER e la fusione nucleare (dove siamo protagonisti internazionali) ma anche il sicuro e nuovo nucleare da fissione (terza generazione avanzata, small reactors e quarta generazione); il recupero del mancato inserimento del nucleare nel PNRR inserendo la ricerca nucleare nel sistema ordinario della ricerca (al pari della scelta che il decreto energia indica per l’automotive); il sostegno (l’esempio è la legge che consentì all’Italia di costruire la terza industria aerospaziale europea) le imprese italiane che scelgono di partecipare alle iniziative nelle nuove tecnologie nucleari e in tutte quelle della transizione energetica, attraverso la ricerca, la manifattura o l’ingegneria; la realizzazione, finalmente, del Deposito Nazionale dei rifiuti nucleari.   Grazie per l’opportunità, data oggi, ad una comunità, quella nucleare italiana, che è di tecnici, scienziati, accademici, imprese, ricercatori che rappresentano un punto di forza e prestigio del nostro Paese in Europa e nel mondo.

Webinar: European Sustainable Taxonomy

Data la situazione geopolitica, la Tassonomia europea è un argomento passato un po’ in secondo piano. L’atto delegato è stato recentemente approvato dalla Commissione e continua adesso il suo iter presso il Parlamento e il Consiglio Europeo. Segnaliamo questo interessante webinar organizzato e moderato da 18for0, gruppo irlandese di volontari – professionisti del settore energetico – sostenitori dell’energia pulita. Il nome deriva dal loro studio: introdurre il 18% di energia nucleare in un sistema energetico dominato dalle fonti rinnovabili sarebbe un modo efficace di ridurre al minimo le emissioni. L’evento si terrà il prossimo martedì 15 marzo, per la registrazione è sufficiente seguire questo link. Interverranno Billy Kelleher, europarlamentare irlandese dal 2019, e Jessica Johnson, Communications & EU Stakeholders Director dell’European Atomic Forum (FORATOM).