Oggi Fridays For Future Italia ha pubblicato la sua posizione sul nucleare (da fissione), frutto di un lungo lavoro interno di approfondimento e riflessione a cura del Gruppo Scienza nazionale.

Infatti in questa loro posizione riportano un concetto chiave:

La questione energetica è complessa. […] Siamo troppo spesso abituati a semplificazioni veloci e spiegazioni facili, un po’ per qualsiasi argomento, tuttavia il tema energetico non può essere trattato semplificando, ma pazientando, capendo, discutendo. […] perché non esiste un’unica soluzione alla crisi climatica ed ecologica

Propongono dunque una narrativa diversa dal semplice pro/contro nucleare, riportano invece un insieme di fatti e spiegazioni e infine le loro conclusioni che valgono “in un determinato momento storico e in un determinato contesto territoriale”.

L’obiettivo è anche rendere il dibattito sul nucleare meno polarizzato, ma anche meno aggressivo e violento.

Nel loro approfondimento hanno approfittato del contenuto scritto da Valigia Blu, di un’attività di condivisione della conoscenza con il Comitato Nucleare e Ragione, di due live sul sistema energetico con Giulia Conforto – Dialogo sopra i massimi sistemi energetici e Fonti Rinnovabili: facciamo il punto.

 

Un cambio di paradigma è necessario

Una delle prime riflessioni è la necessita di un cambiamento culturale e rinnovamento del sistema economico-produttivo. Anche l’IPCC nel suo rapporto ha esaminato l’impatto che avrebbero investimenti su infrastrutture e tecnologie che influiscano anche il cambiamento nei comportamenti dei cittadini. Complessivamente potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di gas serra tra il 40 e il 70%.

Lasciare le centrali accese

FFF dice infatti:

Anche se ci sembra ovvio, è importante ribadire che le centrali nucleari già in funzione dovrebbero essere lasciate accese fino a quando è tecnicamente possibile e sicuro farlo, perché rappresentano una fonte che sta già producendo grandi quantità di energia a bassissime emissioni. Lo spegnimento anticipato di reattori aumenta le emissioni soprattutto quando essi vengono sostituiti con i combustibili fossili, ma anche quando sono sostituiti dalle rinnovabili.”

 

Siamo ancora in tempo?

Secondo FFF no: la costruzione di uno o più reattori in Italia è praticamente impossibile possa contribuire agli obiettivi molto stringenti del 2030.

La mancanza di una filiera pronta, la resistenza dell’opinione pubblica e gli iter legislativi, democratici e burocratici per rimettere in discussione i due referendum: questi i fattori che renderebbero una reintroduzione della fissione in Italia troppo lunga. Oltre ai possibili tempi lunghi di costruzione di nuove centrali.

Inoltre, il fatto che le risorse economiche siano limitate rendono impossibile investire in diverse tecnologie e strategie contemporaneamente. Allora la conclusione è che per avere il più velocemente ed efficacemente agli obiettivi 2030 le risorse economiche dovrebbero essere impiegate per aumentare le fonti rinnovabili, consci dei limiti sulla rete elettriche che queste hanno.

 

 

Che ne pensate? Ha ragione Fridays For Future nel suo pragmatismo a breve termine? O abbiamo lo spazio per abbracciare una visione più ampia?
È sicuramente vero che prima raggiungiamo i nostri obiettivi di decarbonizzazione meglio è. Ma è davvero lungimirante pensare all’obiettivo di breve/medio termine senza prendersi cura dell’obiettivo di lungo termine?
Non potrebbe valere la pena lavoreare su tutte le scale temporali e pensare sia all’elettricità che ci arriva in casa oggi, sia a quella di cui disporremo nel 2030, sia al mix energetico del 2050? Il nucleare, inoltre, può essere utile anche per altri aspetti della nostra vita: teleriscaldamento, produzione di idrogeno, desalinizzazione delle acque.
Non solo orizzonti temporali, anche geografici: il sistema Paese non vive soltanto di ciò che produce per il suo consumo interno. Potrebbe lo sviluppo del nucleare in Italia essere poi benefico per il supporto tecnologico che potremmo fornire ad altri Paesi?
Il nostro equo contributo si riduce alla sola riduzione delle emissioni italiane? Possiamo contribuire alla sfida globale di mitigazione ed adattamento in altro modo?