Negli scorsi giorni è rimbalzata su molti organi di stampa italiani ed esteri la notizia di un presunto incidente in corso alla centrale nucleare cinese di Taishan.

La notizia sarebbe stata originata da una comunicazione di Framatome al Dipartimento di Stato americano riguardo ad una anomalia operativa al reattore 1 dell’impianto cinese, che consta di due unità EPR di tecnologia francese, dunque in comproprietà con la francese EDF.

Il coinvolgimento della compagnia francese e verosimilmente l’ignoranza dei contenuti esatti della comunicazione inviata al Dipartimento di Stato (vogliamo escludere la malafede) hanno spinto la CNN, e a ruota molti media, a parlare di fuga radioattiva citando addirittura un virgolettato attribuito alla compagnia EDF in cui si parla di “minaccia radiologica imminente” e di cui non vi è ovviamente traccia nei comunicati ufficiali della compagnia.

Con il passare delle ore il sopraggiungere di nuovi dettagli hanno sgonfiato la notizia di quello che, fin dall’inizio, era parso a molti esperti un evento di carattere tecnico con potenziali conseguenze sull’efficienza del reattore ma senza alcun rischio di incidente.

Si è trattato infatti del cedimento del rivestimento in ceramica di alcuni elementi che compongono le barre di combustibile nucleare che alimentano la reazione nel reattore. Tale cedimento ha causato l’emissione nel sistema di raffreddamento del circuito primario di alcuni gas nobili causando un aumento della radioattività misurata nel circuito, comunque entro i limiti operativi, per cui non vi è stata interruzione della produzione di energia.

Un evento simile non è per nulla nuovo, anzi abbastanza comune per gli operatori di centrali nucleari. Nel passato negli Stati Uniti si verificavano dozzine di casi simili nel corso della vita operativa di un reattore, prima che i produttori di combustibile riuscissero a ridurne l’occorrenza con standard di qualità sempre più elevati. La ceramica che ricopre gli elementi di combustibile infatti, seppure apprezzabile per la resistenza al calore, è pur sempre ceramica e può fratturarsi come quella che compone la vostra tazza preferita (anche se meno spesso).

Tale rivestimento ceramico non è però che la prima barriera volta a contenere il materiale di fissione, la seconda è composta dal contenitore metallico che racchiude tutti gli elementi di combustibile (pellets) nella cosiddetta barra di combustile (fuel rod). La quantità di barre di combustibile di ciascun reattore varia a seconda della tipologia, ma può arrivare a 60 mila unità. Ecco perché l’occorrenza del cedimento del rivestimento di alcuni elementi in alcune barre non desta particolari preoccupazioni e non richiede, in linea di principio, il fermo del reattore.

Le barre di combustibile di un reattore nucleare (foto IAEA)

Sebbene tale vento possa portare al rilascio di elementi radioattivi nel circuito primario, bisogna ricordare che tale circuito è isolato dall’esterno (e in gran parte dei reattori anche dal circuito secondario, ovvero quello nel quale è generato il vapore che aziona le turbine), dunque non sussiste alcuna possibilità di dispersione di elementi radioattivi nell’ambiente. Come se non bastasse, il circuito primario è contenuto nel vessel, l’edificio di contenimento del reattore, e spesso in un ulteriore edificio in cemento armato, secondo uno schema di difese a barriera multipla e sistemi di sicurezza ridondanti che vanno sotto il nome di difesa in profondità (defense-in depth).

Di conseguenza, la concentrazione di gas nobili nel circuito primario continuerà ad essere monitorata. Se dovesse aumentare, indicazione del danneggiamento di ulteriori elementi, il reattore potrebbe essere fermato prima del raggiungimento di una soglia prestabilita, gli elementi danneggiati verrebbero ispezionati e rimossi, e il reattore tornerebbe operativo.

Qualora invece la concentrazione non dovesse aumentare e l’evento rimanesse isolato, il rettore potrebbe continuare a produrre energia fino a prossimo rifornimento di combustibile programmato, in base a considerazioni che attengono all’efficienza produttiva.