Acquisizione Westinghouse Electric: operazione da 7.9mld$

Quattro anni dopo la bancarotta, Westinghouse Electric sta per essere acquistata per 7.9 miliardi di dollari da Cameco e Brookfield Renewable, per un rispettivo 49% e 51%. Cameco è il maggior estrattore di uranio in Nord America ed è basata in Canada, come anche Brookfield Renewable – uno dei maggiori investitori globali in energia pulita. L’accordo commerciale è indice di quanto investitori e governi considerino il nucleare parte importante del futuro energetico – per assicurare indipendenza energetica e contemporaneamente decarbonizzazione e stabilità della rete.  

L’Ucraina esplora l’espansione della propria capacità nucleare

L’Ucraina e gli Stati Uniti intensificano la cooperazione in tema di energia nucleare con la firma di due Memorandum of Understanding tra Energoatom e Westinghouse e NuScale, rispettivamente. Il primo accordo, del valore complessivo di 30 miliardi di dollari, prevede il completamento dell’unità 4 della centrale di Khmelnitsky (un VVER completato al 28% e mai ultimato, ma che da tempo l’Ucraina pianifica di completare convertendolo  in AP1000, design Westinghouse) e la costruzione di 4 nuove unità AP1000 presso siti nucleari già esistenti. L’esecuzione di tale accordo porterebbe la capacità nucleare del Paese a quasi 18000 MWe complessivi, in grado quindi di soddisfare il 72% del fabbisogno di elettricità dell’Ucraina, permettendo quindi di ridurre conseguentemente la quota di combustibili fossili. Dell’accordo inoltre beneficerebbe sostanzialmente anche l’italiana Mangiarotti, una controllata di Westinghouse, unica a costruire alcune componenti degli AP1000. Il secondo accordo, siglato con NuScale, prevede di esplorare la possibilità di costruire reattori modulari NuScale nel Paese. Secondo i termini dell’accordo, NuScale supporterà Energoatom in tutte le fasi, dallo studio di fattibilità e analisi dei costi, alle pratiche di licensing e progettazione specifica degli impianti.

La Polonia procede sulla strada del nucleare

Varsavia procede a ritmo sostenuto nella definizione del proprio programma nucleare, che secondo le intenzioni del governo dovrebbe portare alla creazione di 6-9 GW di capacità da fissione entro il 2042, con la prima centrale in linea entro il 2033. A questo scopo, si intensificano i colloqui internazionale alla ricerca di partner industriali: sebbene gli Stati Uniti siano in una posizione privilegiata, grazie alla firma recente di un accordo tra i governi dei due Paesi, e con il recente impegno di Westinghouse, la Polonia guarda anche alla Francia e alla Corea del Sud. Quel che è certo è che si tratterà di reattori di grossa taglia di generazione III+. Anche la selezione dei siti, secondo una fonte anonima del Ministero per il Clima e l’Ambiente, dovrebbe concludersi entro l’anno. Tra i quattro siti in lizza, spiccano le località di Lubiatowo-Kopalino e Żarnowiec, sulla costa, in zone molto energivore e adatte al trasporto via mare, e Bełchatów, sede della centrale a carbone più inquinante d’Europa, che il piano nucleare punterebbe a sostituire, anche per compensare la perdita di posti di lavoro. La Polonia infatti si avvale del carbone per generare oltre il 70% della propria elettricità, e la comunità dei lavoratori del settore è storicamente molto forte. Un primo piano per il ricorso al nucleare, ipotizzato nel lontano 1989, fu osteggiato strenuamente proprio dai sindacati del settore minerario carbonifero. Alcuni dei personaggi che difendevano il carbone allora, come Radosław Gawlik, oggi sono attivisti che spingono per il 100% rinnovabili. Tuttavia, al coro pro nucleare si è aggiunto recentemente il climatologo di punta del Paese, il prof. Szymon Malinowski dell’Università di Varsavia, molto seguito dagli ambientalisti. Egli ha spiegato come il nucleare sia l’unica fonte a basse emissioni con elevato fattore di capacità, in grado dunque di fornire energia elettrica in modo continuo e programmabile. Anche secondo Adam Błażowski, attivista ambientale per conto di FOTA4Climate, i sostenitori del 100% rinnovabili sottostimano grandemente le capacità da installare e la necessità di una cospicua riserva di impianti di generazione a gas naturale. Persino tra i più entusiasti sostenitori del nucleare aleggia però lo spettro dell’indecisione politica: se il programma nucleare non gode di un ampio supporto politico a lungo termine, futuri cambi di governo potrebbero vanificare ogni sforzo.