Fermato l’iter autorizzativo di Hanhihivi 1

Fennovoima ha ritirato la domanda di licenza di costruzione per il progetto della centrale nucleare di Hanhikivi 1 a Pyhäjoki, nel nord della Finlandia. La mossa segue la risoluzione del contratto di ingegneria, approvvigionamento e costruzione (EPC) dell’impianto con il progetto RAOS russo all’inizio di questo mese.   Fennovoima aveva firmato il contratto di fornitura dell’impianto per Hanhikivi con Rusatom Overseas – la sussidiaria per le esportazioni di centrali nucleari di Rosatom – nel dicembre 2013. Rosatom si è offerta di costruire un impianto utilizzando un VVER AES-2006 da 1200 MWe con un contratto a prezzo fisso. Il progetto Hanhikivi è di proprietà di Fennovoima, posseduta a maggioranza (66%) da Voimaosakeyhtiö SF, una società finlandese con azionisti tra cui importanti società finlandesi e diverse società energetiche locali. Il restante 34% è detenuto da RAOS Voima Oy, la controllata finlandese costituita nel 2014 da Rosatom allo scopo di acquisire una quota della società. La domanda di licenza di costruzione era stata presentata nel giugno 2015 al Ministero degli Affari Economici e dell’Occupazione (TEM) finlandese, con versioni aggiornate presentate nell’agosto 2015 e nell’aprile 2021. Nel gennaio di quest’anno Fennovoima aveva affermato che il lavoro per le licenze era in dirittura d’arrivo, e che in un paio di mesi il materiale finale sarebbe stato presentato all’ente regolatore. Tuttavia, il 2 maggio Fennovoima ha annunciato la sua decisione di rescindere il contratto EPC “a causa dei notevoli ritardi del progetto RAOS e dell’impossibilità di consegnare il progetto. Ci sono stati ritardi significativi e crescenti negli ultimi anni. La guerra in Ucraina ha aggravato i rischi per il progetto. RAOS non è stata in grado di mitigare nessuno dei rischi.” Fennovoima ha ora informato TEM che ha annullato la sua richiesta di costruzione dell’impianto di Hanhikivi 1. Il ministero ha affermato che il governo potrebbe emettere una decisione formale nelle prossime settimane per porre fine alle misure amministrative per l’elaborazione della domanda. “I lavori nel sito di Pyhäjoki relativi al contratto EPC sono stati interrotti e Fennovoima si sta ora concentrando sul mantenimento della sicurezza a breve e lungo termine”, ha affermato la società. “Alcuni lavori nell’ambito del Fennovoima saranno completati nelle prossime settimane. “Come annunciato in precedenza, Fennovoima prevede un impatto significativo dalla decisione di risoluzione del contratto EPC e ha quindi avviato le negoziazioni di modifica per tutti i suoi dipendenti che dovrebbero durare fino al 21 giugno 2022”. Il 6 maggio, RAOS Project ha affermato di non avere “altra scelta che difendersi e chiedere un risarcimento” per la “fine illegale” del progetto Hanhikivi I. Ha aggiunto che è pronto a discutere “possibili opzioni per la ripresa del progetto quando le condizioni lo permetteranno”.   da World Nuclear News

Operazione militare russa e centrali nucleari ucraine

(Aggiornato il 25 Marzo 2022) Nel febbraio 2022, la Russia ha lanciato una massiccia operazione militare contro l’Ucraina. Forze terrestri, con l’appoggio di aerei d’attacco al suolo ed elicotteri da combattimento, sono penetrate nel paese da nord (Bielorussia), da est lungo il confine russo, dalla Crimea e dal Mar Nero con una serie di operazioni anfibie e lanci di paracadutisti. Il 24 febbraio l’Ucraina ha informato l’AIEA che le forze russe avevano preso il controllo del sito nucleare di Chernobyl. Nelle prime ore del 4 marzo la centrale di Zaporizhzhia nel sud-est dell’Ucraina è diventata la prima centrale nucleare civile operativa teatro di uno scontro armato. Durante la notte alcuni proiettili hanno colpito un tunnel servizi all’interno del perimetro dell’impianto. Lo scontro armato vero e proprio è avvenuto all’ esterno della recinzione della security della centrale nucleare, danneggiando in modo importante un edificio convenzionale utilizzato come centro informazioni e addestramento. L’interno del sito e nessuna delle sei unità dell’impianto ha subito danni. Le forze russe hanno quindi preso il controllo dell’impianto. I sei reattori non sono stati interessati e non vi è stato alcun rilascio di materiale radioattivo. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) segue da vicino gli sviluppi nel paese per quanto riguarda i suoi impianti nucleari e fornisce aggiornamenti regolari sulla situazione. Di seguito riportiamo alcune informazioni di carattere generale riguardanti la tipologia degli impianti. Reattori in operazione in Ucraina Nome Modello Tipo di reattore Potenza di progetto (MW elettrici) Khmelnitski 1 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Khmelnitski 2 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Rivne 1 VVER V-213 Acqua pressurizzata 381 Rivne 2 VVER V-213 Acqua pressurizzata 376 Rivne 3 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Rivne 4 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 South Ukraine 1 VVER V-302 Acqua pressurizzata 950 South Ukraine 2 VVER V-338 Acqua pressurizzata 950 South Ukraine 3 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 1 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 2 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 3 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 4 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 5 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Zaporizhzhia 6 VVER V-320 Acqua pressurizzata 950 Si tratta di reattori costruiti tra gli anni ’70 e i primi anni 2000. Di seguito riportiamo alcune domande e risposte di carattere generale riguardanti la sicurezza e i possibili rischi per le popolazioni e l’ambiente legati al conflitto in corso. Domanda: È possibile che in seguito a un bombardamento di un reattore si verifichi un’esplosione nucleare? Risposta: No, non è possibile in quanto la composizione e distribuzione geometrica del combustibile non è tale da poter innescare in alcun caso un’esplosione nucleare. Inoltre, i reattori ad acqua pressurizzata (a differenza di una bomba) rispondono intrinsecamente ad un aumento istantaneo (gradino) di potenza disinnescando la reazione a catena. Quello che è possibile è che una serie di bombardamenti mirati creino un danneggiamento a componenti contenenti materiale radioattivo. Domanda: È possibile che in seguito a un bombardamento si verifichi un’altra Chernobyl? Risposta: No, non è possibile. A Chernobyl, a seguito della disintegrazione del nocciolo, è intervenuto un vasto incendio della grafite (il “moderatore” utilizzato in quella specifica tipologia di impianto) che ha comportato, per la totale assenza di un dedicato edificio di protezione, un rilascio diretto nell’atmosfera, fino ad alta quota, di quantità notevoli di sostanze radioattive, superiori all’incidente di Fukushima, spinte anche dal calore e dalla durata dell’incendio2. I reattori attualmente installati e operativi in Ucraina sono di tipologia totalmente diversa, ad acqua pressurizzata (v. tabella sopra), sono dotati di successive barriere di contenimento (in particolare, di un edificio dedicato di protezione) e non contengono grafite (materiale infiammabile). Domanda: il sito di Zaporizhzhia ospita 6 centrali nucleari; può accadere che un incidente in uno dei reattori si propaghi a catena agli altri, moltiplicando l’effetto per 6? Risposta: ogni reattore è ospitato in un edificio separato dagli altri, con sistemi di sicurezza indipendenti, perciò la probabilità che un incidente anche grave in un singolo reattore si propaghi agli altri è nulla. Può esserci un’interazione se più edifici sono danneggiati. Domanda: Possono accadere incidenti con rilascio di sostanze radioattive? Risposta: I reattori oggi operativi in Ucraina, di concezione completamente diversa rispetto ai reattori del tipo di Chernobyl e analoga ai reattori diffusi nel mondo occidentale, presentano barriere fisiche specifiche e dedicate, assenti nei reattori del tipo di Chernobyl, a contenimento del refrigerante/moderatore, che in questi reattori è acqua. Questo significa che per mettere in comunicazione con l’atmosfera il “nocciolo” contenente il combustibile nucleare (in cui è concentrata la radioattività) è necessaria un’esplosione dall’esterno molto potente, in grado di distruggere tutte le barriere, di grande spessore, di cemento e acciaio. Una tale detonazione dovrebbe avvenire con un’azione di grandissimo impatto e deliberata. Per dare un’idea, l’edificio del reattore, almeno per le unità più recenti (come il VVER1000 V-320) è progettato per resistere anche all’ impatto con un aereo3. Azioni militari “tradizionali” e mirate potrebbero invece mettere fuori uso i sistemi di raffreddamento del nocciolo, anche quelli di emergenza, nel qual caso, se non si intervenisse prontamente con sistemi di refrigerazione del nocciolo, si potrebbe verificare una situazione simile a Fukushima, con surriscaldamento del nocciolo stesso e conseguente rilascio di sostanze radioattive. È però di grande importanza ricordare che la quasi totalità dei reattori nucleari oggi in esercizio nel mondo, compresi quelli ucraini, prevede la serie di barriere sopra citata, realizzate secondo il principio della cosiddetta “difesa in profondità”, di cui fanno parte anche sistemi di raffreddamento d’emergenza, per cui la fusione o esposizione del nocciolo avviene soltanto a seguito del fallimento di tutte le barriere precedenti, un evento di probabilità assolutamente remota, anche nel quadro di teatri operativi bellici “tradizionali”. Domanda: A Chernobyl funzionano ancora dei reattori nucleari? Risposta: No, l’ultimo reattore di Chernobyl, della tipologia RBMK, cioè della tecnologia utilizzata nel reattore che fu oggetto del tragico incidente dell’aprile 1986, è stato spento nel 2000. Anche gli altri impianti dello stesso tipo presenti in Ucraina sono stati tutti fermati da decenni, allo scopo di prevenire rischi di incidenti analoghi a quello avvenuto…

Situazione ucraina: comunicato congiunto

COMUNICATO STAMPA Roma, 10 Marzo 2022 – Come associazioni, enti, singoli cittadini impegnati quotidianamente nella divulgazione delle tematiche legate all’utilizzo pacifico delle tecnologie nucleari, divulghiamo questo comunicato stampa congiunto sull’attuale situazione ucraina. Riteniamo opportuno, in questi tempi incerti e in cui le notizie si rincorrono molto velocemente su tutti i mezzi di informazione, chiarire alcuni dubbi, ricostruire le dinamiche degli eventi alla luce dei bollettini rilasciati dagli organismi internazionali, e dare una risposta razionale alle paure che si stanno diffondendo tra i cittadini. Per il download dell’intero comunicato vi preghiamo di seguire questo link Per maggiori informazioni potete contattarci presso la nostra mail o sui nostri social

Draghi e la strategia energetica italiana

La situazione geopolitica, oltre a sollevare qualche preoccupazione per la sicurezza delle centrali attive e di Chernobyl di cui abbiamo parlato qui, ha forti implicazioni sul modo di intendere l’approvvigionamento energetico nel nostro Paese. Condividiamo questo grafico, e più in generale suggeriamo l’analisi di ISPI, che mostra chiaramente la nostra attuale relazione con la Russia. In questi giorni i leader stanno decidendo se includere nelle sanzioni una esclusione della Russia dal sistema Swift, metodo attraverso il quale – tra le altre cose – l’Italia paga il gas importato come ricordato dallo stesso Ministro dell’Economia Franco. Swift è l’acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications, la piattaforma belga che rappresenta al momento lo standard de facto della messaggistica necessaria per trasferimenti di denaro. Qual è quindi la posizione del Presidente del Consiglio? Riportiamo testualmente parte della breve informativa di Draghi alla Camera del 25/02, che ci sembra sintetica e trasparente: “Le sanzioni che abbiamo approvato, e quelle che potremmo approvare in futuro, ci impongono di considerare con grande attenzione l’impatto sulla nostra economia. La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento del 27% di circa dieci anni fa. Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas italiano da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future. Il Governo segue in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni europee. Abbiamo riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas, per regolamentare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili. Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quello di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture. Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%. Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania. La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni. L’Italia è impegnata inoltre a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva su questo tema. Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica. Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati. Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico. Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo. Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione. Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su questo punto. Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia. Potrebbe essere anche necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato. Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario. Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture. Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro. Ho parlato del gas, ma sappiamo che la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti. A questo proposito vorrei notare che gli ostacoli a una maggiore speditezza su questo percorso non sono tecnici, non sono tecnologici, ma sono solo burocratici. Tuttavia il gas resta essenziale come combustibile di transizione. Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile ed è meno caro.” Un ritorno quindi alla fonte energetica più impattante, il carbone, che tra l’altro ci eravamo impegnati ad eliminare alla COP di Glasgow pochi mesi fa. L’aumento delle rinnovabili inoltre non può risolvere la situazione, vista la naturale intermittenza e la non completa elettrificazione del nostro sistema. È possibile che una nazione come la nostra si ritrovi in questa situazione? Non c’è un’alternativa a basse emissioni di CO2 e inquinanti, sicura ed affidabile che possa coprire stabilmente il carico di base? Noi un’idea l’abbiamo.

C’è intesa sul nucleare tra Russia e Brasile

In un recente incontro a Mosca, i Presidenti Putin e Bolsonaro hanno discusso della costruzione di reattori nucleari di piccola potenza a terra e offshore. I due Paesi già nel 2017 avevano stretto un accordo per promuovere la cooperazione in ambito nucleare, grazie ad un memorandum d’intesa firmato da Rosatom e Brazil’s Electrobras and Electonuclear. Il Brasile al momento ha due reattori che generano circa il 3% dell’elettricità e si prevede che i lavori dell’unità 3 dell’impianto di Angra riprenderanno a breve, dopo uno stop di sette anni. Il mese scorso è anche iniziata l’identificazione di nuovi siti per costruire nuove centrali che possano essere operative entro il 2050. Il presidente russo ha dichiarato: “Rosatom esporta combustibile per le centrali nucleari brasiliane e radioisotopi per scopi medici. Rosatom è anche interessata a partecipare alla costruzione di nuove unità di potenza in Brasile, comprese centrali di piccola potenza, sia a terra che centrali galleggianti, perché ha tecnologie ed un’esperienza unica e vasta che non sono disponibili in altri Paesi del mondo”. Le parole del presidente Bolsonaro vanno nella stessa direzione: “Abbiamo un vasto potenziale per sviluppare una cooperazione nell’ambito del petrolio, prodotti petroliferi e gas naturale.” e ha aggiunto “Siamo interessati alle piccole centrali nucleari”. Inoltre hanno espresso l’intenzione di estendere il dialogo anche ad opportunità come la produzione offshore di idrocarburi, lo sviluppo dell’idrogeno oltre l’energia nucleare.   riadattato da World Nuclear News, immagine: kremlin.ru