DEMO: parte la progettazione ingegneristica

Il Consorzio EUROfusion, in occasione della conferenza di lancio di Horizon EUROfusion, ha annunciato che l’impianto dimostrativo di fusione nucleare DEMO (Demonstration Fusion Power Reactor) entrerà in funzione verso il 2050. Inizia quindi la progettazione ingegneristica dell’impianto, un passo avanti nella roadmap europea per portare la fusione dall’ambito puramente sperimentale alla produzione reale di energia elettrica. L’annuncio arriva dopo il risultato record di 59 MJ ottenuto nel JET (Joint European Torus) con deuterio-trizio: 11MW in 5 secondi, a fronte dei 33MW di potenza di riscaldamento immessa. In DEMO si userà deuterio-trizio come combustibile e si prevede una potenza elettrica alla rete di 500 MW. L’obiettivo infatti è 2000MW di potenza di fusione, che diventano circa 2400MW di potenza termica (a causa della moltiplicazione energetica nel blanket e del connesso riscaldamento del plasma), che risulta in circa 900MW di potenza elettrica – di cui 400MW è reimmessa nel sistema per mantenerlo acceso. Link al comunicato stampa     Un po’ di chiarezza La fusione nucleare è il meccanismo che vediamo verificarsi nelle stelle, inverso alla fissione: anziché spaccare atomi pesanti, l’obiettivo è far fondere atomi leggeri (come gli isotopi dell’idrogeno) – liberando energia. Affinché gli atomi possano unirsi, è necessario portarli a temperature estremamente alte. In un tipo di macchina chiamato tokamak, il combustibile viene scaldato fino a che gli atomi si separano in ioni positivi e negativi, arrivando allo stato di plasma. Questo insieme di particelle cariche viene ‘intrappolato’, o meglio confinato, da un campo magnetico: in questo modo non tocca le pareti interne della macchina. Gli impianti a fusione funzionano quindi come un amplificatore di energia, e parte della dimostrazione sperimentale risiede appunto nel riuscire a verificare che riusciamo tecnologicamente ad estrarre maggiore energia di quanta ne immettiamo. Horizon EUROfusion è il nuovo programma europeo di ricerca sulla fusione cofinanziato dalla Commissione Europea tramite Euratom. EUROfusion comprende circa 4800 scienziati da istituzioni di 29 Stati: 26 UE, Svizzera, Regno Unito e Ucraina. Di questo fanno parte 21 organizzazioni italiane coordinate da ENEA, tra queste l’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISTP) e il Consorzio RFX. EUROfusion per il 2021-2025 ha a disposizione oltre 1 miliardo di euro, di cui 550 milioni da Euratom. L’Italia, secondo partner più importante dopo la Germania, ne riceverà il 16%, circa 90 milioni.   JET, ITER E DEMO… cosa cambia? Sono macchine simili, che incrementalmente ci avvicinano a sfruttare la fusione come fonte energetica. Riportiamo qui sotto alcuni parametri chiave Parameter JET (1997) JET (2021) ITER EU-DEMO Plasma radius 2.96 meters 2.96 meters 6.2 meters 9 meters Plasma volume 83 m3 79 m3 840 m3 2519 m3 Maximum plasma pulse duration 30 seconds, of which 5 seconds** at high power 30 seconds, of which 5 seconds** at high power 1000 seconds 2 hours Magnetic field 3.45 Tesla 3.45 Tesla 5.3 Tesla 5.9 Tesla Fusion power 16 MW heat 10-15 MW heat for 5 seconds** 500 MW* heat for more than 300 seconds (objective) 2000 MW of heat, 500 MW of electricity*** (objective) External plasma heating 24 MW heat 40 MW heat 50 MW heat 50 MW heat Performance (fusion power / external heating) 0.65 (realised) for 0.15 seconds, or 0.18 for 5 seconds** 0.25 to 0.375 for 5 seconds** (targeted) 10 (objective) 40 (objective) Produce electricity? No No No Yes First plasma 25 June 1983 << Dec 2025 ~2055 First tritium plasma 9 November 1991 (world’s first D-T plasma) << Dec 2035 ~2055                   * As an experiment that runs for a limited amount of time per day, ITER will not turn its excess fusion heat into electricity. That would be possible using existing technology, but would also increase the cost and complexity of the facility. ** JET’s high energy plasmas are limited in duration by its copper electromagnets, which are not cryogenically cooled. Superconducting magnets used in ITER and EU DEMO can stay active for as long as needed. *** EU DEMO targets 2000 MW fusion power, which becomes about 2400MW thermal power (due to energy multiplication in the blanket, and the attached plasma heating), which becomes ~900 MW electrical power, which in turn becomes 500MW (target) electrical power to the grid (~400 MW is recirculated to run the plant systems).

Ansaldo nucleare ed SMR – da MediTelegraph

In una recente intervista di Gilda Ferrari per The MediTelegraph l’uscente Luca Manuelli ha parlato delle attività e della vision di Ansaldo Nucleare. Sono in totale tre le macroaree in cui l’azienda è attiva. C’è la fusione nucleare che pesa per il 50% sulle attività. Il progetto Iter a Cadarache il più rilevante: degli 8 miliardi investiti complessivamente per la costruzione del reattore, 1.6 miliardi sono andati alle aziende italiane e di questi 600 milioni ai consorzi di Ansaldo Nucleare. Inoltre l’azienda è da poco coinvolta anche nel progetto DTT (Divertor Tokamak Test) da realizzare in Italia. Per il 15% poi c’è il decommissioning e la gestione dei rifiuti radioattivi, di cui dall’Italia il 3% arriva da Sogin e la restante parte da UK. Infine per un 5% c’è la fissione, e Ansaldo Nucleare scommette vede un forte movimento nell’ambito dei cosiddetti mini-reattori, gli SMR, più piccoli e sicuri e soprattutto che possono essere prodotti in serie in fabbrica. Sono in atto collaborazioni con ENEA per la costruzione di ALFRED in Romania, e con Westinghouse per un minireattore in Inghilterra. La prospettiva temporale per i prototipi di questi reattori è il 2025-2030 secondo Manuelli.   Consigliamo la lettura dell’intervista completa qui.

Fusione: novità da JET

Realizzare una centrale a fusione che possa produrre energia, come molti sapranno, non è impresa facile. Nei giorni scorsi abbiamo visto anche sui telegiornali che sono stati raggiunti importanti risultati presso JET, vuol dire che ormai ci siamo quasi? No, ma qualche passo in avanti lo abbiamo fatto. Partiamo dal principio base: atomi leggeri che si fondono a formarne di più pesanti generano energia; questo è lo stesso processo che alimenta il nostro Sole. Per ottenere questa reazione è necessario riscaldare pochi grammi di idrogeno (deuterio e trizio) a temperature estreme e quindi formare un plasma, nel quale poi avvengono le reazioni di fusione. Naturalmente, come per la fissione, è una fonte energetica a basse emissioni di carbonio e a parità di quantità produce milioni di volte più energia rispetto ai combustibili fossili. Il combustibile necessario, inoltre, è reperibile ovunque sulla Terra e da materie prime dal basso costo. L’impianto europeo JET (Joint European Torus) di Culham, Regno Unito, è l’esperimento leader a livello mondiale in questo ed è una parte importante per il successo di ITER. ITER mira a dimostrare la fattibilità tecnica e scientifica dell’energia da fusione; è in costruzione a Cadarache, Francia, ed è sostenuto da UE, India, Giappone, USA, Russia, Corea del Nord, Cina. Veniamo quindi alle novità. Gli ingegneri e fisici di EUROfusion – consorzio cofinanziato dalla Commissione Europea – hanno ottenuto un risultato record. JET ha prodotto complessivamente 59 megajoules di energia termica in 5 secondi, ovvero la durata dell’esperimento, raggiungendo una potenza media di circa 11 megawatt (megajoule per secondo). Il record precedente in un esperimento del 1997 è stato pari a 22 megajoule di energia termica. Il picco di potenza pari a 16 MW raggiunto brevemente nel 1997 non è stato sorpassato nei recenti esperimenti perché l’obiettivo era finalizzato a ottenere energia da fusione in un arco di tempo di alcuni secondi. Grande soddisfazione arriva da molte voci, ne riportiamo alcune: B. Bigot, Direttore Generale di ITER: “Un processo di reazione di fusione in deuterio e trizio, sostenuto a questo livello di potenza – prossima alla scala industriale -, rappresenta una clamorosa conferma per tutti coloro che sono impegnati nella ricerca sulla fusione a livello globale. Per il progetto ITER, i risultati ottenuti su JET sono un forte elemento di fiducia nel fatto che siamo sulla strada giusta nel percorso verso la dimostrazione della piena potenza di fusione”. T. Donné, EUROfusion Programme Manager (CEO): “Il record ottenuto, e soprattutto quello che abbiamo appreso sulla fusione in queste condizioni operative e il fatto che i risultati confermino pienamente le predizioni […] Se riusciamo a mantenere la fusione per cinque secondi, potremo farlo per cinque minuti e poi per cinque ore, se scaliamo al funzionamento delle future macchine a fusione. […] L’esperienza sperimentale che abbiamo acquisito in condizioni reali ci dà grande fiducia per la successiva fase di esperimenti previsti su ITER e su DEMO, il reattore dimostrativo europeo, progettato per immettere elettricità da fusione in rete”. G. Dialuce, Presidente dell’ENEA: “Siamo particolarmente orgogliosi dei nostri ricercatori che hanno lavorato alla preparazione e all’esecuzione degli esperimenti e all’analisi dei dati coordinando anche il team europeo che ha studiato gli aspetti tecnologici delle operazioni in deuterio-trizio, fondamentali in vista del progetto ITER. Questo contributo si colloca nel solco di una lunga tradizione che ha visto ENEA tra i maggiori e più qualificati contributori di JET sin dall’inizio, con propri scienziati che hanno ricoperto ruoli di leadership scientifica e di direzione dell’intero progetto”. M.C. Carrozza, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche: “Il record di 59 megajoule di energia da fusione ottenuto su JET è un successo tutto europeo, un risultato chiave che dà forza a ITER e alla Roadmap europea sulla fusione. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge ricerche sulla fusione fin dagli anni ’60, pienamente inserito nel Programma Europeo, e ha contribuito a questo successo principalmente con l’attività dell’Istituto per la Scienza e Tecnologia dei Plasmi – CNR-ISTP – e con la partecipazione al Consorzio RFX, conducendo esperimenti su temi chiave dei plasmi igniti e implementando essenziali sistemi diagnostici”. F. Gnesotto, Presidente del Consorzio RFX: “La macchina europea JET, dopo quasi 40 anni in cui ha prodotto essenziali conoscenze sulla fisica e la tecnologia dei plasmi termonucleari, ha polverizzato il precedente record di energia prodotta da fusione dell’idrogeno. È un enorme successo di tutta la comunità scientifica europea, cui i ricercatori padovani del Consorzio RFX hanno dato un importante contributo, in termini sia di realizzazione di sistemi di controllo e di diagnostica, che di progettazione di campagne sperimentali e di analisi dei dati in esse raccolti”. F. Romanelli, Direttore del JET dal 2006 al 2013, attualmente Presidente del Consorzio DTT: “Il risultato della campagna DT di JET è il coronamento di una esperienza pluridecennale e dimostra come l’Europa, lavorando assieme, sia in grado di raggiungere obiettivi alla frontiera della conoscenza scientifica e tecnologica. […] JET è stato l’esperimento che più si è avvicinato alle condizioni fisiche che studieremo su ITER ed ha contribuito in maniera fondamentale a formare una nuova generazione di giovani ricercatori”. D. Farina, Direttrice dell’Istituto per la Scienza e Tecnologia dei Plasmi (ISTP) del CNR: “È con grande piacere e orgoglio che partecipiamo a questo successo europeo che corona un lungo lavoro di preparazione di tanti ricercatori europei, che hanno contribuito ai risultati della campagna sperimentale Deuterio-Trizio (DT) di JET. Nel periodo recente e nel passato, i ricercatori CNR hanno svolto ruoli importanti al JET con le loro competenze di fisica dei plasmi – teoriche, simulative, sperimentali, diagnostiche, tecnologiche. La campagna DT ha visto un forte impegno di ISTP-CNR insieme a UNIMIB in diversi ruoli e attività: il coordinamento scientifico di alcuni esperimenti in plasmi deuterio-trizio, le misure di diagnostiche neutroniche e gamma, di particolare importanza in plasmi DT, al supporto interpretativo in presenza di instabilità. Infine, notevole è stato il contributo dei nostri più giovani ricercatori a questa impresa scientifica”.   Sebbene questa fonte energetica sia ancora ben lontana dal poter essere utilizzata su scala industriale, questo è senza dubbio un passo in…

Il nucleare contro la crisi climatica? Prospettive e possibili strategie – intervista di Icona Clima

Condividiamo l’intervista a cura di Silvia Turci al nostro socio Marco Ripani, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, per Icona Clima. Buona lettura! Negli ultimi mesi la conversazione sul nucleare sta tornando più accesa che mai, ma l’opinione pubblica resta divisa: per alcuni l’energia derivante da centrali nucleari potrebbe essere una alternativa fattibile per compiere la transizione energetica, per altri il nucleare resta una soluzione troppo rischiosa, costosa e tutt’altro che sostenibile. Per approfondire il funzionamento delle centrali, le nuove tecnologie in via di sperimentazione, le alternative attuali e le prospettive del settore energetico, abbiamo fatto qualche domanda al Dirigente di ricerca dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), il Dott. Marco Ripani. La Commissione Europea ha recentemente proposto di far entrare il nucleare nella tassonomia energetica dell’UE perché potrebbe “facilitare la transizione verso un futuro basato principalmente sull’energia rinnovabile”. Secondo lei l’energia nucleare dovrebbe essere considerata una buona opzione per la transizione energetica? Sì, senz’altro. Tutto dipende sempre dagli obiettivi che ci si pone, e da quanto in realtà si riesca a mettere in atto misure tali da raggiungere quegli obiettivi. Si fanno spesso proiezioni sul futuro che però hanno ampi margini di incertezza perché poi bisogna vedere in pratica cosa uno riesce a fare. Sicuramente ci sono una serie di organizzazioni che ritengono che si possa raggiungere rapidamente entro una certa data la neutralità climatica utilizzando ad esempio le energie rinnovabili. Questa strategia, secondo alcune valutazioni, richiede uno sforzo gigantesco: si tratta di aumentare la produzione di energia rinnovabili di fattori importanti. Questo ci porta a ragionare sul fatto che si tratta di proiezioni e obiettivi. Ma saranno realistici? Io ritengo che gli obiettivi che ci siamo dati sono estremamente ambiziosi e anche nella comunità tecnico scientifica ci sono forti dubbi che si riesca a raggiungere la neutralità climatica entro date così stringenti, utilizzando soltanto le rinnovabili. E’ assodato che l’energia nucleare è un’energia quasi a emissioni zero, confrontabile con quella derivante da vento e sole. Dipende dai tempi, e bisogna avere chiaro di cosa si sta parlando: se parliamo di installare nuovi impianti bisogna tenere presente che le tempistiche per costruire un impianto di generazione attuale richiedono alcuni anni. In Europa e negli Stati Uniti purtroppo stiamo assistendo a tempi estremamente lunghi: oltre dieci anni. E questo dipende da una serie di fattori: si tratta di impianti nuovi, mai costruiti prima: nel costruirli si sono presentati problemi non preventivati e che vanno affrontati. Il nucleare inoltre è soggetto, più di molte altre fonti, a ispezioni e regolamentazioni molto stringenti. Si fa per la sicurezza, ovviamente, ed è per questo che i tempi si dilatano. Tassonomia UE: la transizione verde apre al nucleare? Quale potrebbe essere la strategia migliore? Sarebbe più rapido prolungare la vita degli impianti già esistenti. Da una parte sarebbe necessario salvaguardare gli impianti già esistenti, prolungandone la vita. Gli impianti nucleari ricevono una autorizzazione, la cosiddetta licenza, che dura un tot di anni, e viene rinnovata. Nella maggior parte dei casi si parla di una quarantina d’anni, ma recentemente, in diversi Paesi e in particolare negli Stati Uniti, si è deciso di considerare il prolungamento della vita fino a 60-80 anni. Questo viene fatto dopo ispezioni, sostituzioni di parti usurate eccetera, ma è un processo più rapido di quello necessario per sostituire un nuovo impianto. Questo è già stato fatto, in molti casi, e quindi permette di utilizzare impianti già esistenti, aggiornandone lo stato e i sistemi di sicurezza, e prolungandone la vita. Quello che a mio parere non bisogna fare è spegnere in anticipo gli impianti. Bisognerebbe invece tenere e aggiornare quelli esistenti e programmare la costruzione di nuovi impianti. Gli impianti di nuova costruzione oggi si trovano tutti in Paesi considerati in via di sviluppo: ce ne sono molti in Cina, qualcuno in Russia, e gli Emirati Arabi hanno costruito il loro primo impianto. In Cina i tempi di costruzione sono particolarmente rapidi, nell’ordini di 5-6 anni. Nell’occidente la costruzione di impianti nuovi richiede circa 10 anni. Per questo bisogna decidere oggi. Ci sono gli impianti di nuova generazione, di varie tipologie, che richiedono tempi forse ancora più lunghi. I reattori piccoli, modulari, sono ancora in corso di procedure autorizzative: per loro magari i tempi di costruzione potrebbero essere più veloci, ma prima bisogna arrivare a dei modelli approvati. Gli impianti di quarta generazione sono, invece, impianti grossi su cui c’è molta attività di ricerca e sviluppo. Ce ne sono un paio in funzione in Russia, ma per una approvazione servirà qualche anno. I tempi di ricerca e sviluppo si potrebbero accelerare: recentemente Europa e Stati Uniti hanno investito sempre meno nella ricerca sul nucleare. E purtroppo il nucleare non è un tipo di industria dove si più fare “stop-and-go”. Con uno stop al nucleare i giovani non vanno più a studiare ingegneria nucleare, le competenze svaniscono, la gente va in pensione. Non si può ripartire con uno schiocco delle dita. E’ tutta una questione di programmazione che è estremamente importante. Quali sono le alternative oggi per quanto riguarda gli impianti nucleari e la gestione delle scorie radioattive?  Semplificando, i reattori nucleari attuali a fissione funzionano praticamente quasi tutti con raffreddamento ad acqua e moderazione. Dalla reazione di fissione si liberano dei neutroni, che a loro volta causano altre fissioni in una reazione a catena che, tenuta sotto controllo, tiene il reattore acceso. I neutroni sono molto efficaci nel produrre la fissione se vengono rallentati. I neutroni che escono dal processo di fissione quando il nucleo viene disintegrato, sono molto veloci. Rallentandoli, facendoli attraversare mezzi leggeri come acqua o grafite, sono molto efficaci nel produrre altre reazioni di fissione. Questo processo ha però degli svantaggi: i neutroni, rallentati, producono un certo tipo di rifiuti nucleari radioattivi, e molti di questi hanno una vita molto lunga. La maggior parte delle scorie che derivano dalla reazione, i cosiddetti frammenti di fissione (cesio, stronzio), hanno vite abbastanza brevi, ossia dell’ordine di qualche decina d’anni. La loro radioattività quindi sparisce in circa un centinaio d’anni. I depositi costruiti per ospitare questo tipo di rifiuto, infatti, di solito è pensato per durare…