La nostra risposta: Dataroom di Gabanelli, Sideri
Oggi 22 Febbraio è stato pubblicato sul Corriere il Dataroom di Gabanelli e Sideri dal titolo “Ritorno al nucleare “pulito e sicuro”. Cosa vuol dire?”. In fondo al nostro articolo il testo integrale dell’articolo – succesivamente modificato. La nostra risposta Nella serata, abbiamo inviato la nostra risposta al Dataroom di Gabanelli e Sideri, pubblicata ora dal Corriere. Ecco il testo integrale: Gentile Dottoressa, Ci consenta qualche opportuna precisazione dei contenuti dell’articolo “Ritorno al nucleare “pulito e sicuro. Esiste?” (Data Room 22 febbraio): Le centrali cui ci si riferisce, quando si parla di “ritorno al nucleare” non sono quelle di quarta generazione, ma di terza generazione: progettate dai primi anni 2000 e oggi in costruzione. Quindi la prima correzione è: “Si, il nucleare pulito e sicuro esiste”. E’ fatto di 56 nuove centrali in costruzione nel mondo (29 programmate e decise in Europa). Grazie ad esse e alla decisione di allungare la vita operativa del 60% delle centrali oggi attive (423), la potenza nucleare installata nel mondo è prevista più che raddoppiare (da 390 GW a 830 GW) al 2050. Portando l’incidenza del nucleare nella generazione elettrica mondale dal 10 al 13%. È falso portare ad esempio dei tempi e dei costi delle nuove centrali in costruzione, l’esperienza della centrale di Flamanville (Francia). Che era il primo esemplare di una nuova serie. Dopo di essa, impianti dello stesso tipo sono stati costruiti, in numeri notevoli in Russia, Cina, Corea del Sud, Emirati Arabi e hanno rispettato tempi e costi preventivati. Le centrali già esistenti o in costruzione di terza generazione sono sicure? Il maggior investimento, in progettazione e innovazioni tecniche e ingegneristiche ha riguardato i sistemi di sicurezza. Che, in queste nuove centrali, abbattono i rischi incidentali ipotizzabili a minimi sconosciuti ad ogni altro impianto energetico o industriale conosciuto Nemmeno per la quarta generazione è corretto parlare, come fa l’articolo, di modelli o impianti “inesistenti”. Basterebbe consultare il data base della IAEA (PRIS) per rendersi conto che sono già circa otto i reattori di 4 generazione in operazione o in costruzione (Russia, Cina, India) o in avanzata progettazione in Usa (ad esempio il reattore della TerraPower, partecipato da Bill Gates) e in altri paesi. Su alcuni dei futuri prototipi di 4 GEN c’è, persino, una leadership italiana. La quarta generazione, dunque, esiste. Essa replicherà la sicurezza, molto elevata, delle attuali centrali di terza generazione, ma porterà a innovazioni sull’utilizzo del combustibile nella direzione della maggiore efficienza, del riciclo e dell’abbattimento dei rifiuti generati e da smaltire. Il gas Xenon non è una materia prima rara che serve al processo nucleare e da approvvigionare. Al contrario è un prodotto di risulta e pure dannoso al processo nucleare. Che, al contrario di quello cui gli autori alludono, ha il più basso fabbisogno tra tutti gli impianti energetici, di materie prime “rare”. Quanto all’uranio. Non è vero, come si afferma, che presenta alcuna criticità. L’articolo riconosce che la domanda attuale di uranio conta su riserve esistenti per circa 120 anni di attività. E’ poco? Un eventuale aumento della domanda, dovuto alle nuove future costruzioni nucleari, non cambia la situazione. Il combustibile uranio pesa solo per il 5% nella contabilità di un impianto nucleare (il gas pesa per l’80% negli impianti termici fossili). Le quantità di uranio utilizzate sono sempre molto limitate, data la densità energetica del minerale (un grammo di uranio produce l’equivalente di 2800 kg di carbone). Le riserve stimate (oltre quelle accertate per 120 anni) e che si attiverebbero in caso di aumentata domanda, sono pressoché infinite. Infine, le aree di approvvigionamento, che l’articolo ricorda, non presentano alcuno dei rischi di approvvigionamento noti per le fonti fossili o per le materie prime di quelle rinnovabili. Infine, ci sfugge il motivo per cui i ritardi nello smantellamento delle centrali dismesse dovrebbe, come l’articolo afferma, il ricorso ad un nuovo nucleare in Italia. Il decommissioning, in ogni paese industrializzato procede, contestualmente, alla costruzione di nuove centrali. Piuttosto ci si batta per la costruzione, finalmente, del Deposito Nazionale dei rifiuti. Opera dovuta, utile e persino, spesata. Nel salutarLa cordialmente e con stima, Le dichiaro la disponibilità della nostra Associazione a fornire ogni supporto informativo, tecnico e scientifico per una corretta informazione sull’energia nucleare. Umberto Minopoli, presidente Associazione Italiana Nucleare La risposta degli autori Punto 1): non c’è nessuna confusione. L’articolo chiaramente parla delle centrali in essere o in apertura come quella di Flamanville, tanto che quelle di quarta generazione, fatte salve le sperimentazioni di cui si parla sebbene senza entrare nel dettagli, sono chiaramente rinviate al futuro (il consenso è che ci vorranno altri 10-15 per averle attive). Dunque saranno sicure le centrali del futuro? Come scriviamo, vedremo. Parliamo però di fatti, oggi. Punto 2): non c’è niente di falso. Il capitolo dedicato ai costi inizia sottolineando che è molto difficile dare una stima dei costi e si porta come esempio uno dei principali progetti. Il fatto che nemmeno la Francia sappia stimare i costi di una centrale è particolarmente significativo per tutti, vista la loro esperienza. Punto 3): la sicurezza sulla carta. La storia delle centrali atomiche parla chiaro: l’incidente di Fukushima era considerato impossibile. Poi è avvenuto. Si impara sempre. Ma nuovi rischi sorgono. Punto 4): le centrali di quarta generazione di cui si parla sono prototipi, dunque sperimentali. Come correttamente riportato. Punto 5): quando ci saranno lo vedremo. Punto 6): lo Xenon. L’articolo riportava effettivamente un’ inesattezza. L’articolo è stato corretto stamane appena segnalato. Grazie. Punto 7): tutte le considerazioni sulla disponibilità dell’uranio e sulla stima di un suo esaurimento sono riportate nel report Uranium 2020 dell’Aiea. Punto 8): l’inefficienza e i ritardi nel decomissioning sono evidentemente un segnale di quanto sia difficile il rispetto dei tempi e dei costi in Italia, non solo su questo tema. Massimo Sideri L’articolo integrale, prima della modifica Ritorno al nucleare «pulito e sicuro». Cosa vuol dire? di Milena Gabanelli e Massimo Sideri Ritorno al nucleare? In Italia l’ipotesi è presente nel programma della coalizione di centrodestra salita nel frattempo al governo («ricorso…