Applicazioni industriali delle tecniche neutroniche: vent’anni di collaborazione Italia-Russia

Ricorre quest’anno il ventennale della cooperazione scientifica tra Italia e Russia nel campo delle applicazioni industriali delle tecniche neutroniche, fruttuosa collaborazione che vede come attori lo Studio d’Ingegneria Rogante e il Petersburg Nuclear Physics Institute, meglio conosciuto come “Kurchatov Institute”, dal nome dell’accademico russo che portò alla criticità il primo reattore sovietico, il 25 dicembre del 1946. Lo Studio d’Ingegneria Rogante è un punto di riferimento in Italia e in Europa nonché fornitore qualificato a livello internazionale nel campo delle Applicazioni Industriali delle Tecniche Neutroniche®, ed è diretto da Massimo Rogante, socio AIN, scienziato di fama internazionale e “Marchigiano dell’anno 2019”. Numerosi gli esperimenti pionieristici nel campo dei neutroni che si sono sviluppati in seno a questa collaborazione internazionale, nell’ambito di vari comparti industriali che spaziano dall’automotive all’energia, dall’Oil&Gas alla chimica e ai polimeri, fino alle costruzioni e alle calzature. Da quest’esperienza sono inoltre scaturite diverse attività di ricerca applicata realizzate dallo Studio d’Ingegneria Rogante nel campo dei materiali da costruzione, come quella per l’Ural Federal University di Yekaterinburg (Russia) riguardante i cementi polimerici. Già agli albori della tecnologia nucleare, l’Italia s’era distinta con i propri scienziati nella cooperazione internazionale, basti citare il lavoro di Enrico Fermi a Chicago e quello di Bruno Pontecorvo presso il Joint Institute for Nuclear Research di Dubna (Russia). L’anno del ventennale è segnato anche dall’attivazione, avvenuta lo scorso febbraio, di un nuovo reattore ad alto flusso e il commissionamento dell’International Neutron Centre, dotato di strutture all’avanguardia già realizzate e di 20 spettrometri che prenderanno avvio entro il 2025. Il Centro è dotato anche di un potente dipartimento di calcolo a servizio dei bireattori e dei reattori chimici nonché dei fasci neutroni impiegati per la caratterizzazione della struttura e delle proprietà di nuove sostanze e materiali di sintesi ad uso industriale. La particolarità dei fasci neutronici è la loro maggiore capacità di penetrazione rispetto ai raggi-X, il che li rende versatili per una vasta gamma di applicazioni. Negli ultimi venti anni lo sviluppo tecnologico e industriale globale hanno visto assumere sempre maggior importanza a materiali e sostanze la cui preparazione e il cui controllo si estendono alla scala molecolare e atomica. Sebbene queste manipolazioni sfuggano al nostro occhio, esse caratterizzano oggetti e sostanze d’uso quotidiano, dai metalli alle leghe, dalle componenti tecnologiche degli smartphone ai farmaci. Le tecniche neutroniche possono avere un impatto ancora maggiore nel campo della scienza dei materiali tramite il loro abbinamento con altre tecnologie nucleari, come ad esempio la spettroscopia gamma e, in particolare, la spettroscopia Mössbauer, che permette lo studio di sottilissimi dettagli delle strutture atomiche e molecolari non rilevabili con altre metodologie. La portata di questa metodologia d’indagine dei materiali è stata dimostrata da test effettuati su campioni di nanodiamanti appositamente preparati la cui superficie era stata modificata tramite ioni di europio combinati con acidi carbossilici. Le proprietà emerse, tra cui un maggiore accoppiamento dei diamanti, rendono queste nuove sostanze molto appetibili per applicazioni biomedicali. Ad esempio, quali agenti di contrasto e per la tomografia magnetica nucleare, tramite l’innesto di ioni di gadolinio su nanodiamanti. Questi successi aprono la strada allo sviluppo di una tecnica a diffusione di neutroni per lo studio delle superfici di materiali solidi usando nanoparticelle di diamante come mezzo per neutroni freddi e ultra-freddi, ricerca che sarà implementata nell’ambito del progetto CremlinPlus (2020-2024) “Connecting Russian and European Measures for Large Scale Research Infrastructures”. In conclusione, la diffusione di nanomateriali essenziali per l’avanzamento tecnologico avrà anche beneficiato di questa lunga e fruttuosa collaborazione scientifica tra lo Studio d’Ingegneria Rogante e la Russia e delle attività svolte presso le infrastrutture dell’International Neutron Centre. Per approfondire: Rogante, M., Lebedev, V. T., Kulvelis, Y., Vul, A. Y., Kozlov, V. S., & Konoplev, K. A. (2021). The 20-Year Russian-Italian Scientific Collaboration in Industrial Applications of Neutrons and Prospects on High Flux Reactor “PIK” of Russian National Centre “Kurchatov Institute”. Neutron News, 1-7

Nucleare nel mondo: il Belgio

Per la serie “Nucleare nel Mondo” pubblichiamo questo contributo del nostro socio Fabio Nouchy sull’industria nucleare del Belgio. Il Belgio è uno dei pionieri nello sviluppo dell’energia nucleare. Anche se è entrato quasi casualmente nella storia atomica, per via del radio e dell’uranio trovati nelle miniere dell’allora “Congo Belga”, questo piccolo Stato ha poi partecipato nello straordinario sviluppo degli usi pacifici dell’atomo già a partire dagli Anni ’50.  Il Belgio è infatti il terzo paese dell’Europa occidentale, dopo il Regno Unito e la Francia, ad aver ottenuto una reazione nucleare a catena controllata in un reattore. L’11 maggio 1956, la prima reazione a catena controllata è stata ottenuta con il reattore di ricerca BR 1 (Belgian Reactor 1) al Centro degli Studi dell’Energia Nucleare, oggigiorno conosciuto come SCK CEN, che è ancora un fulcro vitale di esperimenti legati alle applicazioni nucleari vicino al villaggio di Mol, nella provincia di Anversa.  Molto presto dopo questo primo successo, il Belgio ha deciso di costruire un reattore di ricerca dedicato ai test sui materiali (il BR 2) e un terzo reattore sperimentale con l’obiettivo di produrre elettricità (BR 3).  Per quest’ultimo l’intenzione originale era di installarlo sul sito dell’Expo 58 a Bruxelles, sito dell’emblematico Atomium, ma il sito del SCK CEN fu poi scelto per ovvie considerazioni pratiche. Con una capacità di 11,2 MWe, il BR3 è stato collegato alla rete già nell’ottobre 1962. Questo primo reattore ad acqua pressurizzata (PWR) in Europa  doveva servire, tra l’altro, a formare il personale delle future centrali di Doel e Tihange. Dal 1963 in poi, fu anche usato per testare il combustibile MOX (Miscela di Ossidi di Uranio e Plutonio) in condizioni reali. Nel 1987 è stato definitivamente spento dopo 11 cicli di funzionamento e fu allora designato come impianto pilota per la ricerca sullo smantellamento dei reattori da parte della Commissione Europea, operazione che è stata completata recentemente. La prima centrale nucleare commerciale costruita dai Belgi in collaborazione con i Francesi si trova nella zona di Givet, a Chooz, sulle rive della Mosa. Questo impianto PWR, con il reattore più potente del mondo all’epoca (242 MWe), ha iniziato a fornire elettricità alla rete nel 1967 ed è stato chiuso definitivamente nel 1991. La centrale di Chooz A ha permesso ai Belgi e ai Francesi di acquisire know-how ed esperienza sia nella fabbricazione di attrezzature per i futuri impianti nucleari che nella gestione di una centrale.  Dopo la messa in funzione di Chooz A, i Belgi hanno deciso di lanciare il loro programma di energia nucleare. Sono stati scelti due siti: Doel sulla riva sinistra della Schelda, a valle di Anversa, e la zona industriale di Tihange sulla riva destra della Mosa, a monte di Liegi.  I primi reattori sono stati messi in funzione a livello industriale nel 1975 (Doel 1, Doel 2 e Tihange 1). Tra il 1982 e il 1985, a queste tre unità si sono aggiunte Doel 3, Tihange 2, Doel 4 e Tihange 3. All’epoca della messa in funzione dei primi reattori, tre quarti della produzione di elettricità del Belgio erano generati dal carbone, mentre negli anni ’80 la quota nucleare è passata in media intorno al 66%.  Ora, nel 2021, l’elettricità prodotta da fissione atomica rimane attorno al 50% del fabbisogno di elettricità, ponendo il Belgio tra i paesi europei con le più basse emissioni di gas a effetto serra, accompagnato dall’aumento dell’eolico offshore. Un cambiamento importante è però incombente, siccome la legge del 31/01/2003 prevede una chiusura di tutte le centrali alla fine del loro limite legale, fissando di fatto una data di chiusura a 40 anni dalle prime operazioni. A causa di mancanza di alternative di approvvigionamento elettrico, si è già derogato ben due volte a questa legge (nel 2013 e 2015), portando la vita legale dei reattori di Tihange 1 e di Doel 1 e Doel 2 a 50 anni di operazioni.  L’attuale accordo di governo prevede però di prendere in considerazione ciecamente la chiusura prevista dalla legge del 2003. Tale applicazione comporterebbe una chiusura di tutti e 7 i reattori belgi tra il 1° ottobre 2022 e il 1° dicembre 2025 e il dibattito su come rimpiazzare la loro capacità di 6 GW è molto acceso. Oltre a una dose massiccia di importazioni, la speranza di poter garantire la stabilità energetica riposa su nuove costruzioni di centrali a gas, l’opzione più flessibile sul mercato per poter compensare le fluttuazioni delle energie rinnovabili a intermittenza (eolico e solare). Ma la storia del nucleare in Belgio è ben più estesa della produzione di elettricità, e quando si parla di medicina nucleare, raggiunge una dimensione di eccellenza. Tornando al BR2, il reattore ad alto flusso neutronico che è stato commissionato nel 1961, oltre alla ricerca sul comportamento dei materiali e dei combustibili sotto irradiazione, è anche usato per produrre radioisotopi a fini medici e industriali, rifornendone tra il 20 e il 25% del fabbisogno mondiale. Un’ultima applicazione per la quale il BR2 sarà presto utilizzato è la produzione di Plutonio-238 per alimentare i generatori termoelettrici a radioisotopi per le missioni di esplorazione spaziale. Gran parte dei radioisotopi per scopi medici prodotti al BR2 sono poi ripresi dall’l’Istituto nazionale dei RadioElementi (IRE), sul sito di Fleurus, che dagli anni ‘70 ha cominciato la produzione di Molibdeno-99 per fini diagnostici e Iodio-131 a fini terapeutici. Oggi l’IRE gode di una reputazione di leader internazionale nel campo, mentre sviluppa nuove tecniche e radioisotopi, come il Gallio-68 e il Lutezio-177.  Un’altra azienda belga, la Ion-Beam Applications (IBA) situata a Louvain-La-Neuve, è diventata la leader mondiale nella produzione di ciclotroni, ossia acceleratori di ioni più compatti e precisi per poter creare dei fasci ben controllati. L’applicazione maggiormente degna di nota è quella del trattamento dei tumori, dove i ciclotroni possono portare benefici rispetto ad altre tecniche grazie alla loro maggiore precisione, che comporta un minore danno alle cellule sane circostanti al tumore. Guardando ancora oltre verso il futuro, il progetto MYRRHA del SCK CEN, ossia il “reattore di ricerca versatile per applicazioni ad alta…