La crisi geopolitica che attanaglia il mondo da qualche anno ha avuto e sta avendo impatti rilevanti su diversi aspetti globali, in primis sull’energia. Le tensioni tra grandi potenze, i conflitti regionali e il deterioramento delle relazioni diplomatiche hanno contribuito ad una serie di conseguenze che si sono tradotte in una crisi energetica di vasta portata, probabilmente equivalente a quella degli anni ‘70. Come avvenuto allora, meglio non aspettarsi alcuna bacchetta magica: la crisi energetica sarà profonda e duratura ed impatterà sulla vita socio-economica dei cittadini e delle imprese.
La crisi ha generato incertezze nei mercati energetici, portando a fluttuazioni – a volte insostenibili – dei prezzi del petrolio e del gas, financo interruzioni nelle forniture, con effetti a cascata su tutti i settori economici, aumentando il costo dell’energia per le industrie ed i consumatori finali. L’aumento dei prezzi dell’energia ha influito sull’inflazione globale, con ripercussioni su beni e servizi. I settori più colpiti sono stati quelli dell’industria – in particolare quella energivora – e dei trasporti, ma anche i consumatori si sono trovati a fronteggiare costi più elevati per le bollette e i carburanti.
Come rilevato dal recente rapporto di Futuri Probabili dal titolo “Per una Strategia di Sicurezza Nazionale” recentemente presentato al Presidente della Repubblica e al Ministro Crosetto, molti paesi, fra cui l’Italia, hanno riconsiderato le loro relazioni energetiche, diversificando le proprie fonti di approvvigionamento per ridurre la dipendenza da paesi instabili o in conflitto. Unitamente alle esigenze di decarbonizzazione, è di nuovo tornata alla ribalta – come appunto agli inizi degli anni ’70 – la necessità di una maggiore indipendenza energetica e questo ha spinto i governi ad investire in tecnologie sostenibili per diminuire la vulnerabilità ad eventi geopolitici futuri. In tutto il mondo OCSE a cui apparteniamo, e in particolare in Europa, tale spinta si è estrinsecata in un aumento degli investimenti in energie rinnovabili ma anche nella riconsiderazione dell’energia nucleare.
Volendo spendere qualche parola di ottimismo, si potrebbe sintetizzare il quadro complessivo affermando che la crisi geopolitica ha ben evidenziato la vulnerabilità delle strutture di approvvigionamento energetico esistenti, ma ha anche aperto la strada ad opportunità per una transizione energetica più rapida e sostenibile. Ma per trasformare questa opportunità in realtà occorrono azioni concrete e tempestive: tutto dipende da come i Paesi affronteranno queste sfide e dalle strategie che adotteranno per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile.
Mentre in alcune parti dell’Europa geografica quale la Gran Bretagna ci si è avviati con decisione verso un sistema energetico integrato con investimenti importanti su tutte le migliori tecnologie disponibili: rinnovabili, gas di ultima generazione e nucleare, l’Unione Europea appare ancora ondivaga e preda di schemi pre-crisi che sembrano più dettati dalla difesa ad oltranza di interessi di parte piuttosto che dalla consapevolezza e necessità di coniugare gli obiettivi climatici con la sicurezza energetica, la competitività del nostro sistema produttivo e una crescita economica duratura.
Eppure il rapporto Draghi presentato alla Commissione Europea lo scorso settembre e che a detta dei più offre una visione strategica per affrontare le sfide della competitività dell’Unione Europea, ponendo l’accento su un approccio integrato e sostenibile nel settore energetico, parla chiaro.
Pur mantenendo il proprio percorso verso la decarbonizzazione, l’Europa ha l’assoluta necessità di abbassare i prezzi dell’energia. Le industrie europee pagano l’elettricità mediamente 2-3 volte in più dei loro concorrenti di oltre oceano e 4-5 volte in più il prezzo del gas. Draghi ci ricorda anche che vent’anni fa l’Europa aveva lo stesso PIL degli Stati Uniti, oggi abbiamo perso almeno un terzo del suo valore; Il reddito pro-capite arranca al 60% di quello americano; non c’è una sola impresa europea nella top ten mondiale e il continente è assente dai settori di punta, dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie, fino allo spazio.
Sta inoltre emergendo una nuova dipendenza dalle materie prime critiche – ad esempio per sostenere le rinnovabili e le altre tecnologie green – che sono concentrate nelle mani di una manciata di fornitori, in primis la Cina che, ricordo, è il primo produttore di 19 su 20 dei materiali strategici raffinati relativi al settore energetico.
In tema di energia e competitività, il rapporto Draghi individua come obiettivo principale dell’Unione Europea l’accelerazione della decarbonizzazione ma in modo economicamente efficiente, sfruttando tutte le soluzioni disponibili attraverso un approccio tecnologicamente neutrale. Un approccio che necessariamente dovrebbe includere energie rinnovabili, nucleare, idrogeno, bioenergia e cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio, e dovrebbe essere sostenuto da una massiccia mobilitazione di finanziamenti pubblici e privati.
Dobbiamo riconoscere che al di là delle timidezze di cui sopra, anche nella nostra Unione Europea si cominciano ad intravedere all’orizzonte segnali di cambio di rotta sul fronte dell’approccio tecnologicamente neutro. L’inclusione del nucleare nella Tassonomia dell’UE che in realtà data 18 giugno 2020 – cioè esattamente 5 anni fa – sta finalmente avendo qualche ripercussione a livello di interventi economico-finanziari di Bruxelles. Lo si nota nell’aggiornamento del PINC – Nuclear Illustrative Programme che prevede 241 miliardi di investimento sul nucleare da qui al 2050 e nel nuovo CISAF – Clean Industrial State Aid Framework che prevede due misure essenziali riguardo il nucleare:
- “la Commissione condurrà una valutazione tempestiva dei casi di aiuti di Stato per la produzione di energia nucleare, compresi i reattori modulari di piccole dimensioni e avanzati, al fine di garantire la certezza del diritto per tali aiuti, in linea con il trattato o con eventuali orientamenti applicabili, nel pieno rispetto della neutralità tecnologica. Esempi di autorizzazione degli aiuti di Stato sono forniti nella nota a piè di pagina 9 sul caso ceco di Dukovany e sui casi belgi per life time extension”.
- Sotto la sezione 6 del medesimo CISAF si menziona il supporto alla supply chain nucleare europea – incluso quella relativa al combustibile e al ciclo associato nell’ambito degli aiuti di Stato da prevedere per assicurare sufficiente capacità manufatturiera in tecnologie pulite.
Altri segnali vengono dal fronte finanziario. Ad esempio la BEI nei mesi scorsi ha concesso un prestito di 400 milioni di euro alla francese ORANO per aumentare le capacità di arricchimento del proprio impianto Georges Besse 2 a Tricastin.
Ma francamente siamo ancora ben lontani dall’applicazione di quell’approccio dichiarato dalla Direttrice Generale per l’Energia presso la Commissione Europea Ditte Juul Jørgensen – in occasione della Conferenza nucleareurope “Powering a Competitive Europe” secondo la quale d’ora innanzi tutti gli strumenti dell’UE di incentivazione e sostegno alle rinnovabili dovrebbero essere estesi anche all’energia nucleare.
E scuserete la brutalità, ma l’enfasi su SMR e AMR con atti del Parlamento europeo e iniziative della Commissione quali la SMR Industrial Alliance che da più di un anno sta coinvolgendo centinaia di esperti da più di 330 organizzazioni europee che lavorano a ritmi serrati a spese delle loro organizzazioni, non ha ancora mobilizzato un solo centesimo di investimenti pubblici dell’Unione, né risulta ancora chiaro quali saranno i meccanismi di vera selezione dei progetti su cui concentrare gli investimenti pubblici e privati. Infatti, in una Europa che arranca su SMR e AMR rispetto al resto del mondo, puntare su più di dieci progetti delle tecnologie più disparate non è né credibile né tanto meno realistico ed efficiente.
Nel resto del mondo occidentale invece si nota una accelerazione senza precedenti sul nucleare e relativi investimenti pubblici e privati.
Il Board della World Bank ha recentemente deciso di porre fine al lungo divieto (dal 2013) di finanziare progetti riguardanti l’utilizzo dell’energia nucleare per fini pacifici in paesi in via di sviluppo, e questo per venire incontro ai crescenti bisogni di energia elettrica decarbonizzata e sicura. E’ di questi giorni la sigla del conseguente accordo tra World Bank e IAEA. In aggiunta, 14 grandi importanti banche e istituzioni finanziarie globali hanno espresso recentemente il loro sostegno alla triplicazione dell’energia nucleare entro il 2050 dichiarata a COP28 e 29.
Il rapporto dell’Agenzia internazionale dell’Energia (IEA) – The Path to a New Era for Nuclear Energy – pubblicato a inizio anno recita testualmente: “il nucleare è all’apice di una nuova era grazie a una combinazione di politiche dei governi, innovazione tecnologica e interesse del settore privato”. Pur non nascondendo alcuni problemi aperti per la rinascita nucleare in occidente, questo rapporto rappresenta il suggello del rinnovato interesse per l’energia nucleare anche nei paesi OCSE, che si sta concretizzando anche attraverso l’iniziativa Roadmaps to New Nuclear gestita dalla stessa OECD per il tramite della sua Nuclear Energy Agency.
Venendo alle iniziative nazionali globali.
Lo scorso 23 maggio il presidente americano Trump ha promulgato quattro “executive orders” che rappresentano una nuova e aggressiva strategia americana che – per usare le parole dello stesso Trump – mira a consolidare il primato degli USA come leader mondiale nel settore dell’energia nucleare. Gli ordini esecutivi delineano un piano per modernizzare la regolamentazione nucleare, semplificare i test sui reattori nucleari, implementare nuovi reattori nucleari per la sicurezza nazionale e rinvigorire la base industriale nucleare. Proprio quello che servirebbe anche qui da noi! Dal punto di vista tecnologico, gli executive order annunciano la realizzazione di nuovi impianti per 300 GWe al 2050 ed un cambio epocale sulla questione della chiusura del ciclo del combustibile nucleare – di fatto vietata in USA per preoccupazioni di proliferazione dal lontano 1977 – con implicazioni enormi sul rinnovato impegno degli USA su reattori veloci, combustibili avanzati, riciclo e minimizzazione dei rifiuti radioattivi, sfruttamento ottimale delle risorse naturali. Anche in questo caso questioni che si sentono enunciare in Europa ed in Italia in vari consessi ma senza avere ancora visto nulla di concreto al riguardo.
Fortunatamente alcuni paesi europei sembrano avere colto il cambiamento epocale sul nucleare e accelerano i tempi a livello nazionale rispetto alle persistenti ambiguità e titubanze dell’Unione Europea sopra menzionate. Della Gran Bretagna si è già detto: sono in atto investimenti importanti su reattori EPR di grande taglia, un numero giustamente limitatissimo di SMR (per ora i veri finanziamenti sono concentrati solo sull’SMR di Rolls Royce) e sulla questione forniture di combustibile a Uranio arricchito a breve e medio termine. Il tutto con l’obiettivo di transire nel minor tempo possibile a sistemi energetici integrati nucleare-rinnovabili + gas con CCS nel medio periodo. A mio parere quello britannico è un caso paradigmatico dal quale anche l’Italia avrebbe molto da imparare. Spiccano poi i contratti per nuove realizzazioni praticamente in tutto l’Est europeo: Repubblica Ceca, Polonia, Romania, addirittura Ucraina nonostante la guerra in corso, a cui poi seguiranno presto Bulgaria, Slovacchia, paesi Baltici, e ulteriori realizzazioni anche di impianti di tecnologia occidentale nella vicina Turchia. Tutti progetti nel breve termine che meritano senz’altro anche la nostra attenzione se è vero come è vero che AIN è impegnata ad esplorare tutte le possibilità offerte alle industrie italiane di settore per progetti all’estero. Ma vanno anche rimarcati i cambiamenti anch’essi epocali di policy nucleare in Belgio che ha ufficialmente abbandonato i piani per l’eliminazione graduale dell’energia nucleare, consentendo così la costruzione di nuovi reattori; in Svezia – ovvero in un paese che, pur mantenendo in funzione i propri impianti nucleari, aveva imboccato da tempo una politica di graduale phasing out. Il parlamento svedese ha approvato un quadro di sostegno statale per i nuovi progetti di energia nucleare, che include prestiti garantiti dal governo e contratti per differenza (CfD). Il governo svedese mira a costruire nuova capacità nucleare equivalente ad almeno due reattori di grandi dimensioni entro il 2035 e fino a dieci nuovi reattori entro il 2045. Perfino la Danimarca e la Norvegia – tradizionalmente avversi al nucleare – stanno velocemente riconsiderando le loro politiche energetiche.
Ovviamente in tutto ciò la Francia non poteva stare a guardare e sta velocemente procedendo con le attività preparatorie per la realizzazione di 6 nuovi EPR e per un parallelo programma di supporto a 2-3 SMR per il breve, medio e lungo termine, con una concentrazione di sforzi sul SMR-LWR denominato NEWARD. Sono queste ulteriori occasioni di business per l’industria italiana che come ben sappiamo dobbiamo essere pronti a cogliere appena si materializzano.
E veniamo finalmente all’Italia. Pur apprezzando gli sforzi dell’attuale Governo per mettere al sicuro l’Italia dalla crisi energetica e dalle forniture di gas e petrolio a prezzi sostenibili, la situazione – come hanno recentemente osservato i Presidenti di Confindustria e di Federacciai – è tutt’altro che rosea.
Entrambi hanno parlato di situazione drammatica e insostenibile per le nostre industrie e i cittadini. Secondo il centro studi di Confindustria, l’economia italiana, anche in assenza di nuovi dazi, sarebbe cresciuta nel 2025 di uno 0,6%. “Ora è esposta al rischio di un nuovo triplo shock: la caduta della domanda statunitense, la frenata della domanda globale, la possibile crisi finanziaria, con ripercussioni su Pil, investimenti, occupazione e debito”. Uno dei fattori che mette più in difficoltà le imprese italiane è il costo dell’energia, storicamente alto in Italia ma cresciuto sensibilmente negli ultimi tre anni, a causa della guerra in Ucraina e del progressivo sganciamento dalle forniture russe via gasdotto. Un ammanco di idrocarburi compensato con il molto più costoso GNL trasportato via nave. È una situazione insostenibile. “Occorre agire con urgenza” dice Orsini che quindi chiede un “piano industriale straordinario” per l’Italia. La componente più urgente è quella dei sovraccosti energetici. È un vero dramma che si compie ogni giorno: per le famiglie, per le imprese e per l’Italia intera”. E – dice lo stesso Orsini – bisogna anche “accelerare il ritorno al nucleare”.
Ma vediamo di chiarire una volta per tutte da dove vengono questi sovra-costi energetici.
Nella recente relazione al Parlamento sull’anno 2024, il Presidente di Arera Stefano Besseghini, ha rilevato che la parte di bolletta elettrica costituita dalla quota non attinente al costo dell’energia, ma bensì a oneri vari, inclusi gli incentivi alle rinnovabili, i costi del trasporto e del contatore e tasse varie continui a crescere e sia fra le più alte in Europa (+15% nel solo 2024). Come se non bastasse dopo avere già speso 240 miliardi in incentivi alle rinnovabili intermittenti per coprire pochi percento della domanda energetica complessiva (dati GSE), per attenuare i problemi della crescente penetrazione di rinnovabili sono previsti nuovi ulteriori investimenti: nuove linee di trasmissione e distribuzione, batterie per gli accumuli, comunità energetiche, nuovi incentivi alle rinnovabili. Tutti destinati ad essere remunerati in bolletta. Negli ultimi provvedimenti governativi c’è addirittura il pagamento della quota di energia da rinnovabili anche in caso di curtailment cioè quando, per via della sovra-produzione, l’elettricità prodotta viene letteralmente buttata via. Dunque, se veramente si volesse intervenire si saprebbe dove farlo.
In questo contesto appaiono dunque perlomeno sorprendenti l’approccio e le considerazioni che mettono in dubbio la scelta nucleare in Italia contenute nel rapporto pubblicato nelle ultime settimane da Banca d’Italia dal titolo L’atomo fuggente: analisi di un possibile ritorno al nucleare in Italia.
Non mi soffermerò sui dettagli tecnici di questo rapporto visto che AIN, considerato il clamore che questo documento sta avendo negli ambienti politici e degli addetti ai lavori, ha sviluppato un white paper ad hoc molto dettagliato e puntuale che daremo alle stampe nei prossimi giorni e che darà risposte ben precise e circostanziate a quelle che Banca d’Italia chiama “incertezze sul ritorno al nucleare”. Mi limito qui ad osservare che la frase conclusiva del rapporto Banda d’Italia che recita testualmente:
“Di fronte a queste incertezze, è necessario adottare un approccio prudente nel considerare il ruolo che la reintroduzione del nucleare potrebbe avere nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dal Governo, valutando e preparando anche strategie alternative”
è proprio in netto contrasto con le raccomandazioni del rapporto Draghi e in generale con la tanto conclamata neutralità tecnologica e approccio sistemico e integrato che, a nostro avviso, è l’unica strada possibile per tentare di risolvere la complicata equazione che coniughi obbiettivi climatici con sicurezza energetica, competitività del nostro sistema produttivo e crescita economica duratura.
Alla luce di quanto detto sopra a proposito di incentivi e costi di sistema delle rinnovabili, appare quasi sarcastica la frase finale che recita “difficilmente la creazione di nuovi impianti nucleari potrà esimersi da una compartecipazione del pubblico, o come investitore diretto, con finanziamenti o sussidi, oppure indirettamente, mediante società participate”, come se tutte le rinnovabili installate ad oggi e relative infrastrutture fossero state pagate dal Padre Eterno e per grazia ricevuta.
Ma veniamo a noi e nel tempo rimanente analizziamo quanto è avvenuto in Italia sul fronte “azioni preparatorie per il nuovo nucleare” negli ultimi 12 mesi. In una battuta, sintetizzerei: grande dibattito e approfondimenti e praticamente nulla sul fronte operativo.
Riguardo al dibattito pubblico assistiamo ad una vera e propria rincorsa da parte di tutti a organizzare dibattiti pubblici a livello nazionale. Molto meno – ahimè – a livello territoriale dove invece bisognerà scendere se si vuole veramente acquisire il consenso pubblico allargato. Registriamo anche un intenso dibattito e acquisizione di informazioni da parte delle Commissioni Parlamentari preposte di Camera e Senato che hanno audito ogni possibile stakeholder o persona più o meno informata dei fatti.
Riguardo gli approfondimenti, dobbiamo registrare almeno quattro azioni maggiori:
- La pubblicazione dei rapporti della PNNS che rappresentano certamente un buon quadro di riferimento almeno per quanto riguarda la ricerca, sviluppo e sperimentazione in Italia e quello che dovrebbe essere fatto sul piano della comunicazione al pubblico e lo stakeholder engagement;
- La pubblicazione del PNIEC-2024, a sua volta fortemente basato, per quanto riguarda gli scenari post-2035 inclusivi del nucleare, sulle risultanze della PNNS;
- La pubblicazione del rapporto THEA Il Nuovo Nucleare in Italia per i Cittadini e le Imprese che elabora in maniera approfondita sugli impatti socio-economici per l’Italia dell’implementazione del nucleare ipotizzato nel PNIEC;
- Il documento confindustriale La nuova strategia per lo sviluppo del mix energetico nazionale: le potenzialità dell’energia nucleare sostenibile degli Small Modular Reactor e degli Advanced Modular Reactor, sul quale penso sia giusto non fornire alcuna anticipazione visto che verrà presentato al massimo livello alla Camera dei Deputati il prossimo 16 luglio.
Rilevo con un certo grado di soddisfazione e di fierezza che tutti questi dibattiti e approfondimenti hanno visto come parte attiva e fondamentale l’AIN o suoi rappresentanti.
Sul lato più operativo non possiamo essere altrettanto soddisfatti: - A inizio anno il Governo ha approvato il Disegno di Legge n. 1132 che fornisce il quadro di riferimento per un possibile ritorno al nucleare, ma il ddl non è ancora stato trasmesso al Parlamento e non ci risulta avviata alcuna azione per l’elaborazione dei relativi decreti applicativi senza i quali non sarà possibile mettere a terra alcun tipo di nucleare;
- Il Governo ha deciso di diventare membro effettivo della European Nuclear Alliance. E’ un passo importante che potenzialmente può cambiare gli equilibri in Europa fra i sostenitori del nucleare e gli (ormai pochi) stati UE che vi si oppongono per residue motivazioni ideologiche. Ma è presto per vedere le conseguenze di tale sottoscrizione dal lato pratico. Lo vedremo alla prima dichiarazione ufficiale dell’Alleanza.
- Probabilmente la cosa concreta più significativa è la costituzione formale di Nuclitalia come newco fra ENEL, Ansaldo e Leonardo. Al riguardo, ci siamo già espressi varie volte affermando che questo è un passo fondamentale per garantire un approccio di sistema e dare chiare indicazioni, lato industriale, sulle scelte fondamentali riguardo la tecnologia ed il ciclo del combustibile di riferimento, gli studi di fattibilità tecnico-economica, il coordinamento di tutti gli stakeholder e in particolare della supply chain. Sappiamo che le tre organizzazioni fondanti sono già all’opera. Confidiamo in una accelerazione dei lavori e soprattutto dei passi concreti nei prossimi mesi.
Come andiamo affermando in pubblico da tempo, in parallelo occorre però accelerare sulle infrastrutture di base, alcune delle quali sul cammino critico: - Prima di tutto il consolidamento di una posizione nazionale: l’Italia ha o non ha ancora un programma nucleare rivolto all’applicazione industriale?
- L’elaborazione dei decreti applicativi già sopra menzionati;
- La costituzione di una vera autorità di sicurezza secondo raccomandazioni e best practice internazionali;
- La comunicazione a largo spettro che coinvolga i cittadini anche a livello territoriale nonché nelle scuole di ogni ordine e grado, seguendo le tante raccomandazioni già formulate in ambito PNNS;
- Un ampio programma di education and training con il necessario supporto pubblico;
- Azioni concrete di supporto ed incentivazione all’industria nazionale per rafforzare la supply chain per le realizzazioni all’estero e in Italia;
- Una decisione forte riguardo il partenariato a livello bilaterale con l’individuazione del paese partner che possa farci accelerare sul piano delle infrastrutture e che più abbia da offrire in termini di coinvolgimento della suply chain nazionale in progetti in Europa e nel mondo.
Ma a parte avere idee piuttosto chiare su cosa è stato fatto finora e cosa urge implementare, cosa ha implementato specificamente AIN negli ultimi 12 mesi?
Primariamente penso che abbiamo consolidato e perfino rafforzato la nostra posizione nel panorama italiano ed europeo e prodotto uno sforzo di tutto rispetto: - Abbiamo contributo al dibattito con la partecipazione a decine di eventi pubblici in Italia, al nord al centro e recentemente pure al sud con l’evento di giugno a Matera;
- Abbiamo sviluppato ulteriormente la nostra funzione advisor del Governo e di tutte le forze politiche e stakeholder che ci hanno interpellato;
- Abbiamo continuato la nostra presenza a livello internazionale ed europeo con contributi alle maggiori conferenze IAEA, alla Roadamps to new nuclear della NEA, alla SMR-IA ed alle iniziative ed eventi organizzati da nucleareurope e ENS;
- Abbiamo contribuito direttamente o indirettamente ai lavori di tutti i GdL della PNNS, nonché al rapporto THEA di Edison e, come membri del relativo Steering Committee, al recente documento confindustriale;
- Consci dell’importanza di alcune tematiche sul cammino critico, nell’ultimo consiglio direttivo abbiamo approvato un position paper sull’autorità di sicurezza elaborato col supporto del nostro Advisory Board – che renderemo pubblico nelle prossime ore; in questo contesto abbiamo contribuito all’evento nazionale di AIDEN dove per la prima volta si sono messi a confronto i tecnici con gli esperti di diritto e legislazione in campo nucleare, un passo fondamentale in vista della costituzione dell’autorità di sicurezza e della preparazione dei decreti applicativi;
- Abbiamo presentato nostri contributi specifici nel corso delle audizioni parlamentari di Camera e Senato e abbiamo contribuito alla sezione “energia” del documento di Futuri probabili sulla Strategia per la Sicurezza Nazionale;
- Ci siamo fatti noi stessi promotori di due eventi nazionali di grande rilevanza:
o La giornata annuale significativamente intitolata “L’industria italiana e le opportunità del nuovo nucleare” che ha visto la partecipazione in persona del Ministro Urso e da remoto del Ministro Pichetto Fratin;
o L’incontro B2B Italia-Francia sotto l’egida di ICE Roma e Parigi, il primo di questo genere in Italia e che ha visto la partecipazione ad alto livello delle maggiori industrie francesi ed italiane di settore. - Ma la nostra azione di partenariato all’estero non si estrinseca solo con l’Unione Europea e la Francia. Abbiamo avviato discussioni con Polonia e Turchia, due mercati a noi vicini potenzialmente di grande rilevanza per la nostra industria nazionale e i nostri associati.
- Proseguiremo in questa azione di promozione delle capacità italiane con eventi specifici che stiamo organizzando con ICE e con le altre associazioni interessate durante WNE2025 in programma dal 4 al 6 novembre a Parigi.
- Abbiamo contribuito a lanciare e a definire, assieme a POLIMI e Fondazione POLIMI, la neo nata Joint Research Partnership sul nucleare di cui siamo promotori e coordinatori del relativo Advisory Board. Sarà un strumento molto utile per proseguire sulla strada degli approfondimenti necessari per chiarire alcune questioni essenziali che sono alla base di scelte fondamentali per il Paese: gli scenari energetici, il ciclo del combustibile di riferimento, la lesson learned dalle ultime realizzazioni di impianti nucleari in occidente, i criteri per l’identificazione dei siti, ecc..
- Siamo consapevoli che la comunicazione a grande scala, ovvero a livello internazionale, europeo e nazionale è importante ma i progetti nucleari sono progetti territoriali, in luoghi ben precisi e con una popolazione che ha sensibilità prettamente locali. Siamo dunque pronti a supportare il MASE per una azione di comunicazione a livello territoriale che possa utilizzare strumenti già operativi. In questo coinvolgeremo senz’altro tutti voi affinché possiate dare una mano là dove siete presenti sul territorio.
- Infine, siamo pronti a supportare la newco Nuclitalia, incluso nelle azioni che dovrebbero portare alla selezione della tecnologia di italiana di riferimento, una questione che sta diventando di primaria importanza in vista del coordinamento e rafforzamento della supply chain italiana e della costituzione e formazione della nuova Autorità di Sicurezza.
Da ultimo, siamo in procinto di pubblicare un white paper in risposta al sopracitato rapporto della Banca d’Italia sul nucleare: è una elaborazione approfondita sui temi sollevati che pensiamo possa essere utile non solo per ribattere a imprecisioni e mancanza di informazione del rapporto di Banca d’Italia, ma anche come contributo di chiarezza e di consolidamento della posizione nazionale, ovvero quella infrastruttura di base che sta addirittura a monte della legislazione.
Nonostante tutti questi impegni di alto livello, non mancheremo di fornire l’usuale supporto ai soci in termini di informazioni rilevanti in Italia, in Europa e nel mondo, la newsletter (la seconda dell’anno è pronta per la pubblicazione), webinars organizzati dalla nostra INYG e ovviamente l’organizzazione dell’evento annuale 2025 per il quale urge identificare un tema di interesse dei nostri soci.
Siamo convinti che AIN abbia un posizionamento e un ruolo riconosciuto anche a livello istituzionale che occorre però non solo salvaguardare ma anche potenziare. Pensiamo dunque sia venuto il momento di pensare ad una vera struttura organizzativa interna dell’Associazione che, pur mantenendo snellezza ed efficienza operativa, possa assicurare una maggiore sistematicità e tempismo delle azioni che si sono ovviamente moltiplicate di alcuni fattori rispetto all’inizio del mandato del nuovo Direttivo.
Vi annuncio dunque che all’ultimo direttivo abbiamo deciso di stabilire una task force che possa portare al prossimo direttivo una proposta operativa. Ovviamente questa proposta implicherà necessariamente un maggiore impegno finanziario da parte dei soci. Ci aspettiamo che i soci vorranno fare la loro parte devo dire per il loro stesso interesse e obiettivo finale.
Concludo con un sincero ringraziamento a tutti voi per il continuo fondamentale sostegno ad AIN, ringraziamento che ovviamente estendo ai membri del consiglio direttivo per il loro costante impegno in termini di idee e supporto all’azione dell’Ufficio di Presidenza.
Un grazie di cuore al vice-Presidente Adinolfi, alla Sig.ra Trentadue, alla Presidente della YG Francesca Carobene e a tutti i componenti dell’Ufficio di Presidenza. Non è retorico affermare che senza di loro tutto quanto abbiamo fatto in questi ultimi 12 mesi non sarebbe stato nemmeno immaginabile.