Perché Cingolani dice cose di buon senso e perché gli ambientalisti, sul nucleare, dicono cose di cattivo senso

All’indomani delle parole di apertura sul nucleare rilasciate dal Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, accolte con favore da Associazione Italiana Nucleare (AIN) e con l’usuale, stancante polemica dalla maggior parte delle associazioni ambientaliste, proponiamo questo articolo di Umberto Minopoli, presidente di AIN, per il Foglio, in cui sono spiegate le motivazioni dell’ottimismo sul nucleare. Per un approfondimento sui reattori avanzati e modulari, rimandiamo a questo nostro precedente articolo.

Mentre i politici europei discutono, stancamente, se ammettere o meno il nucleare agli incentivi statali per la decarbonizzazione, un fisico-imprenditore italiano, Stefano Buono, collaboratore di Rubbia al Cern e imprenditore di successo, ha raccolto 118 milioni di dollari per sviluppare, in 5 anni, un reattore nucleare avanzato (Newcleo) di nuova concezione. E l’iniziativa finisce sul New York Times, come un esempio internazionale di vitalità e ottimismo sul nucleare futuro. Sono state raccolte risorse, oltre gli obiettivi, tutte private. Niente è richiesto allo Stato. Mentre, anche a livelli autorevoli, i politici italiani, paralizzati dal conformismo provinciale, sul nucleare nella transizione energetica, sfogliano la margherita, i privati, invece, mostrano di crederci. Investono e procedono da soli. Nella venture di Buono troviamo nomi prestigiosi dell’imprenditoria italiana: dalla Exxor alla famiglia Malacalza, dai Merloni ai Costamagna, Petrone, Bormioli, Rovati. Ma non è solo questa la manifestazione della vitalità italiana sul nucleare. Regista il Politecnico di Milano, imprese ed enti ricerca si sono raccolte per dar vita ad una filiera italiana della tecnologia dei nuovi reattori avanzati, di più ridotta dimensione (small modular reactors, SMR). Si intende valorizzare ed attivare una tradizione nazionale, di ricerca e progettazione sul nuovo nucleare, che è stata, prima dei referendum, non seconda a nessuno nel mondo. Questo attivismo della società italiana, contrapposto ai conformismi della politica, è solo parte di una realtà assai più ampia, che le istituzioni europee si ostinano a non vedere. Correndo seri rischi di svataggio competitivo nel prossimo decennio, quello della decarbonizzazione. Sono, infatti, assai numerosi i modelli e i prototipi in sviluppo di reattori avanzati di nuova concezione. La gran parte entrerà sul mercato tra il 2024 e il 2027. Tutti i grandi paesi industrializzati stanno sviluppando i loro reattori avanzati. Anche costruttori europei. Solo un’ostinata cecità, indotta dal pregiudizio, impedisce di vedere quello che è sotto gli occhi: entro il 2030, la tappa chiave della transizione low-carbon, i nuovi reattori nucleari avanzati saranno una tecnologia chiave, disponibile per il futuro dell’energia dei prossimi 70 anni. E, nel frattempo, entrerà in campo la fusione nucleare. Ma, in che cosa un reattore avanzato, di nuova generazione, si distingue dai reattori nucleari che conosciamo? Innanzitutto, nelle dimensioni: più piccole e di potenza più contenuta. Poi nelle modalità costruttive: modularità e realizzazione in serie allenteranno i costi e faciliteranno le localizzazioni. Ancora: non serviranno solo a produrre energia elettrica. Saranno utilizzabili nei trasporti, nella produzione di idrogeno, alla desalinizzazione e in altri usi industriali. E, ciò che più conta, eleveranno ancora di più la già impressiva sicurezza degli impianti nucleari. Due esempi di innovazione dirompente li possiamo dedurre proprio dal progetto italiano di Newcleo: il materiale di raffreddamento (cooler) del reattore, un componente chiave nelle tecnologie nucleari, sarà il piombo liquido e non l’acqua; il reattore non produce scorie. A differenza dell’acqua il piombo, non si surriscalda, non si disperde, non ha reazioni chimiche avverse. Si elimina una delle massime ipotesi incidentali dei reattori attuali, la fusione del nocciolo. Anche il problema delle scorie a lungo decadimento trova soluzione: i prodotti di risulta della reazione nucleare, non saranno rifiuti ma “nuovo combustibile”. Che verrà riciclato nei reattori. Farebbero davvero bene i politici e i tanti retori della decarbonizzazione ad aprire gli occhi sulla realtà: è, veramente, the case for going nuclear, per dirla con il titolo della pagina del NYT che contiene, tralaltro, l’encomio alla brillante idea dell’italiano Stefano Buono. Una lezione.

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