Minopoli, Presidente AIN: Necessario rinnovare le nostre capacità nel settore a vantaggio dell’ambiente e della stabilità energetica
La delegazione dell’Associazione Italiana Nucleare, composta da Umberto Minopoli, Roberto Adinolfi, Claudia Gasparrini, Antonio Naviglio e Marco Ricotti, ha incontrato oggi a Roma il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, per presentare la proposta dell’AIN per una nuova politica nucleare italiana.
Attualmente l’energia nucleare, a livello europeo, fornisce il 26% della produzione elettrica, dimostrando di essere una risorsa decisiva, per tre fondamentali motivi: è un’energia carbon-free, riconosciuta anche a livello europeo, è un’energia continuativa, quindi perfettamente integrabile con le fonti rinnovabili non programmabili, ed è in grado di assicurare l’approvvigionamento, grazie alla pluralità di Paesi produttori e all’elevato contenuto energetico del combustibile.
L’Europa ha in programma la realizzazione di 29 nuove centrali e l’estensione della vita utile di circa il 60% di quelle esistenti. Dimostra così di aver compreso appieno il ruolo strategico del nucleare nella transizione energetica. “L’Italia dovrebbe analogamente adoperarsi perché anche l’energia elettrica prodotta dalle centrali europee attuali o in via di costruzione venga considerata un risorsa comune europea” afferma Umberto Minopoli, Presidente AIN. “In Italia ci sono numerosi ostacoli per tornare a parlare di nucleare, riconducibili a problematiche legate all’adeguatezza delle infrastrutture necessarie, alla praticabilità economico-finanziaria e al consenso dell’opinione pubblica”, continua Minopoli. “È necessario un progressivo cammino di rientro nel nucleare, ben articolato e che richiederà il coinvolgimento più ampio possibile delle forze in Parlamento”.
L’Associazione Italiana Nucleare ha pertanto definito cinque punti strategici da cui partire, che sono stati presentati oggi al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica:
- Approntare un nuovo Piano Energetico Nazionale, con un approccio neutro rispetto alle tecnologie, ottimizzando il contributo che ciascuna può fornire;
- Adeguare le normative nazionali valorizzando le tecnologie in grado di generare energia in continuità, senza far ricorso a sistemi di accumulo e di back-up;
- Favorire la partecipazione a progetti internazionali per la realizzazione a breve di impianti nucleari all’estero per permettere all’industria nazionale di mantenere lo sviluppo tecnologico, nonché sostenere la Ricerca e Sviluppo sulle tecnologie avanzate;
- Accelerare il processo di localizzazione e realizzazione del deposito nazionale per aumentare la credibilità di un nuovo programma nucleare;
- Programmare e avviare una campagna di informazione scientifica per illustrare in modo rigoroso ma accessibile la realtà delle nuove tecnologie nucleari.
È ora di ripartire. L’Italia è pronta.
Una nuova politica nucleare per l’Italia
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Perché tornare a parlare di nucleare in Italia?
Le scelte europee sugli obiettivi di decarbonizzazione e la vulnerabilità delle fonti evidenziatasi con la crisi in Ucraina hanno dimostrato in modo inconfutabile come l’approccio più ragionevole al grande tema dell’approvvigionamento energetico per l’Europa, e per l’Italia in particolare, sia sfruttare ciascuna fonte per ciò che essa può offrire, rifuggendo da scelte integraliste ed adottando metodi di ottimizzazione del sistema energetico che siano “technology neutral”. In Europa, già oggi, la generazione elettrica da nucleare, che pesa per il 26% della produzione elettrica, è una risorsa decisiva. Essa ha contribuito ad allentare, nel 2022, la crisi delle forniture dai gasdotti russi. Il peso delle 121 centrali nucleari europee, inoltre, si mostra strategico – per i volumi di CO2 evitata – ai fini del raggiungimento
degli obiettivi emissivi al 2030. Guardando al futuro, tre sono i vantaggi principali che il nucleare può apportare al sistema energetico:
- energia carbon free, come riconosciuto recentemente a livello europeo con l’Atto Delegato sulla Tassonomia e sulla sottostante analisi di impatto sull’ambiente condotta dal Centro Comune di Ricerca europeo (JRC);
- energia continuativa, quindi perfettamente integrabile con le fonti rinnovabili non programmabili;
- sicurezza di approvvigionamento, grazie alla pluralità di Paesi produttori di uranio, ma ancor più grazie all’elevato contenuto energetico del combustibile, che detensiona il problema dell’accantonamento delle scorte.
Con programmi per 29 nuove centrali e con la decisione di estendere la vita utile di circa il 60% delle centrali attuali, l’Europa si mostra consapevole di questa funzione essenziale del nucleare nella transizione energetica. Il nostro governo, con le iniziative sull’hub mediterraneo del gas, risorsa strategica per l’intera Unione, è tra i più attivi sul disegno dell’energia in comune come pilastro della costruzione europea. Noi riteniamo che, analogamente, l’Italia possa adoperarsi perché anche l’energia elettrica prodotta dalle centrali europee attuali o in via di costruzione sia considerata una risorsa comune europea. In questo quadro si inserisce la proposta di utilizzatori italiani, quale la Federacciai, di partecipare alla costruzione di una nuova centrale nucleare in un paese europeo confinante in cambio di energia nucleare resa disponibile dagli impianti in esercizio sin da subito. Già oggi l’Italia fa largo ricorso all’importazione di energia elettrica, prodotta da impianti nucleari dei paesi confinanti. La pratica indicata da Federacciai potrebbe estendersi ad altri progetti in Europa, coinvolgere altri utilizzatori e diventare una pratica reciproca e comune in Europa. Considerare la generazione elettrica nucleare europea una risorsa comune costituirebbe una opportunità straordinaria non solo per l’emergenza ma anche per il futuro.
Quali gli ostacoli per tornare a parlare di nucleare in Italia?
Tra gli ostacoli da più parti evocati come insormontabili, riteniamo che i più significativi siano riconducibili a tre problematiche, in ordine di crescente difficoltà:
a) L’adeguatezza delle infrastrutture necessarie
- il sistema industriale ha dimostrato negli ultimi anni di essere ancora in grado di competere, sia in termini di qualità che di competitività, con quelli degli altri Paesi europei: prova ne sia il successo della catena produttiva italiana nel progetto ITER, dove l’Italia figura al secondo posto tra i paesi UE (dopo la Francia, paese ospitante) nella fornitura di componenti e servizi di tecnologia avanzata;
- il sistema degli esercenti è invece un punto critico da affrontare, avviando per tempo programmi di formazione specifica da sviluppare tramite collaborazioni internazionali;
- il sistema della ricerca, nonostante il forte ridimensionamento (per non dire la cancellazione) della ricerca sulla fissione, ha comunque saputo posizionarsi nell’ambito della ricerca EURATOM, sfruttando anche sinergie con la ricerca sulla fusione: oggi ENEA è un riconosciuto leader tecnologico europeo su alcune tipologie di reattori di quarta generazione;
- il sistema della formazione universitaria dà segnali di ripresa, con un incremento, seppur ancora insufficiente, dei laureati in discipline nucleari, molti dei quali però trovano sbocchi professionali fuori dall’Italia;
- il sistema regolatorio appare ad oggi l’anello più debole della catena, sia in termini di risorse umane, sia in termini di aggiornamento e razionalizzazione delle procedure autorizzative richieste per nuovi impianti; A tal riguardo, comunque, non va dimenticato il lavoro portato avanti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA), che ha messo a punto metodologie e strumenti, il cd. Milestones Approach *, a supporto di Paesi che intendono affacciarsi per la prima volta all’energia nucleare: così ad esempio gli Emirati sono riusciti in circa 10 anni non solo a dotarsi di infrastrutture adeguate ma a costruire i loro primi reattori.
Ancor di più, la crescita delle infrastrutture può essere favorita dalla partecipazione a progetti internazionali, ed in particolare europei, sia a livello di industria ed esercenti, sia per l’ente regolatore grazie alle iniziative recentemente avviate per favorire la collaborazione tra autorità nazionali nella valutazione della sicurezza dei nuovi progetti.
* l’IAEA raccomanda ai paesi new-comers la costituzione di una NEPIO (Nuclear Energy Programme Implementing Organization) che assista il paese anche nelle fasi che precedono una decisione finale
sul programma.
b) La praticabilità economico-finanziaria
I progetti di nuovi impianti nucleari nei Paesi occidentali hanno registrato negli ultimi 10 anni notevoli aumenti nei tempi e nei costi. Molte sono le cause, di natura industriale e di assetto regolatorio. In Europa in particolare le direttive comunitarie hanno negli ultimi 20 anni identificato le tecnologie low-carbon esclusivamente con quelle a fonte rinnovabile, imponendo per esse obiettivi obbligatori. Di conseguenza gli Stati Membri le hanno promosse (in particolare quelle variabili, solare ed eolico), fissando a loro vantaggio regole di gestione (p.e. priorità di dispacciamento) e lauti incentivi (€ 800 mld solo in Germania e Italia), attraendo così su di esse la quasi totalità degli investimenti in nuovi impianti di generazione. Con la tassonomia (approvata nel giugno 2022) l’Europa si è posta l’esigenza della correzione e del completamento delle sue politiche di sostegno alle fonti energetiche sostenibili, includendo il nucleare e il gas decarbonizzato al fianco delle rinnovabili.
In campo nucleare, a seguito di queste revisioni della politica europea, alla luce della sostenibilità energetica, si pone un duplice obiettivo: rinnovare la flotta di 120 reattori attualmente in esercizio; aggiungere alcune decine di nuovi reattori, per far fronte al notevole aumento del fabbisogno elettrico che gli scenari decarbonizzati al 2050 prevedono.
Questo cambio di rotta rende necessaria la modifica delle regole europee del mercato elettrico, attualmente in discussione: come propone la Francia, è fondamentale riconoscere anche il nucleare, insieme alle rinnovabili, tra le tecnologie elettriche per la decarbonizzazione e prevedere meccanismi di remunerazione coerenti, che valorizzino la continuità di servizio del nucleare.
In un simile quadro delle politiche europee, la praticabilità economico-finanziaria del nucleare in questo decennio sarà garantita almeno da tre soluzioni tecnologiche: i) l’attuale parco reattori di II Generazione, attraverso l’estensione della loro vita, ii) i reattori più moderni oggi a disposizione di III Generazione evoluta, anche a valle di una loro riprogettazione migliorativa, iii) i piccoli reattori modulari, sviluppabili e realizzabili entro il 2030.
I cosiddetti Small Modular Reactors (SMR) si prefiggono di raggiungere la competitività attraverso la standardizzazione (nei vari mercati nazionali), la semplificazione (col ricorso a sistemi di sicurezza passiva), la costruzione in officina, con tecniche modulari. La ridotta taglia del singolo impianto favorirà ulteriormente la loro finanziabilità, perché il rischio finanziario dell’investimento risulterà limitato, e renderà questi reattori di interesse anche per soggetti con più limitate necessità, quali società elettriche medio-piccole, ma anche grandi consumatori interessati a stabilizzare i loro costi energetici sul medio lungo termine.
c) Il consenso dell’opinione pubblica
In un Paese come l’Italia, che per due volte ha bloccato i propri programmi nucleari con referendum, è necessario porre la massima attenzione alla comunicazione degli obiettivi e degli strumenti ritenuti più idonei per la decarbonizzazione.
Sarà impossibile far cambiare idea a chi ha posizioni pregiudiziali contro il nucleare. Del resto, una fetta minoritaria della popolazione è contraria anche nei numerosi Paesi che ospitano centrali nucleari. Tuttavia, come in Europa, anche in Italia le posizioni stanno mutando, soprattutto tra le giovani generazioni, meno ideologizzate e con meno pregiudizi sul nucleare rispetto al passato e aperte a considerare l’opzione nucleare, perché sinceramente interessate al problema ambientale.
Un ruolo determinante nell’orientare l’opinione pubblica è senz’altro quello della chiusura della passata stagione nucleare. Il fatto che i programmi di smantellamento delle installazioni nucleari dismesse (già da 35 anni!) subiscano continui slittamenti e aumenti dei costi, ed ancor più le difficoltà in cui versa il processo di localizzazione e realizzazione di un deposito per rifiuti a bassa attività non giova ad accrescere la fiducia dell’opinione pubblica sulla capacità del sistema Italia di gestire un nuovo parco di centrali nucleari.
Cosa fare?
La strada che proponiamo per avviare un processo in tal senso è quella di un progressivo cammino di rientro nel nucleare, articolato per obiettivi via via più impegnativi, che consentano di dare evidenza all’opinione pubblica della sistematicità con la quale si intende procedere, senza tralasciare le criticità sopra esposte, ma nello stesso tempo non rinvii la loro soluzione ad un incerto futuro. Questi i punti principali da cui partire:
A. Approntare un nuovo Piano Energetico Nazionale, che individui gli scenari più adatti per il Paese per rispondere al cd trilemma energetico: come assicurare la sostenibilità ambientale, inclusa la difesa del territorio e del paesaggio nazionale, insieme con la sostenibilità economica e la resilienza del sistema energetico. Un tale piano va sviluppato con approccio neutro rispetto alle tecnologie, ottimizzando il contributo che ciascuna di esse può fornire per raggiungere gli obiettivi. Il fabbisogno elettrico aumenterà e dovremo soddisfarlo con fonti di generazione no-carbon. Il mix di generazione elettrica a basso contenuto di carbonio del futuro deve fondarsi su una quota importante di fonti rinnovabili intermittenti (solare ed eolico) e una quota integrativa di fonti continuative (idroelettrico, bioenergia, geotermico, gas con cattura della CO2 e nucleare). L’Italia deve disporre di un piano che punti ad adeguare progressivamente il nostro mix tecnologico a queste caratteristiche, imprescindibili per la transizione energetica. Esistono ormai consolidate metodologie, sviluppate in Italia e all’estero, alle quali far riferimento per procedere speditamente e con la massima autorevolezza tecnica.
B. Adeguare la normativa nazionale sulla localizzazione, autorizzazione, controllo, remunerazione delle diverse tecnologie low-carbon, considerando e valorizzando le caratteristiche di ciascuna. Fondamentale, a questo riguardo, valorizzare, nei meccanismi di gara, le capacità delle tecnologie in grado di generare energia in continuità che non richiedono l’installazione di impianti di accumulo e di backup. Nel processo di riforma del mercato elettrico attualmente in corso nell’UE l’Italia dovrebbe concordare una posizione comune per esempio con la Francia.
C. Favorire la partecipazione a progetti internazionali per la realizzazione a breve termine di impianti nucleari all’estero, con i seguenti obiettivi:
- Il coinvolgimento dell’industria nazionale su tali progetti consentirà di mantenerla al passo con lo sviluppo della tecnologia nucleare;
- più in generale, si potranno ricercare forme di collaborazione anche tra autorità di regolazione, così da favorire lo sviluppo delle competenze necessarie in quest’area;
- la partecipazione di investitori italiani potrà consentire, tramite opportuni contratti di off-take, di assicurarsi forniture di energia nucleare, a costi contenuti e stabili, anche nelle more di eventuali progetti sul territorio nazionale.
- A tale fine, andranno presi in considerazione varie tipologie di supporto, quali ad esempio export financing, o anche defiscalizzazione degli investimenti specifici, alle aziende costruttrici, Power Purchase Agreements per gli off-takers, potenziamento delle reti di interconnessione transfrontaliere.
Sempre nell’ambito di accordi europei (ad esempio la EU SMR Partnership) e internazionali, sarà necessario supportare le attività di Ricerca e Sviluppo sui reattori di nuova generazione, sempre nell’ambito di accordi europei (ad esempio la EU SMR Partnership) e internazionali, per creare nuove competenze su tecnologie innovative, quali gli SMR e i reattori di IV Generazione. Questi ultimi
consentiranno anche di ridurre la produzione di rifiuti radioattivi ad alta attività a parità di energia generata e lo sfruttamento ottimale del materiale fissile, con conseguente ulteriore miglioramento della resilienza del sistema energetico.
D. Accelerare il processo di localizzazione e realizzazione del Deposito Nazionale.
Si tratta di una priorità che non riguarda tanto il nucleare futuro, ma la sistemazione definitiva di circa 70.000 metri cubi di rifiuti a bassa attività e temporanea di circa 20.000 metri cubi a media e alta attività, che saranno prodotti dalle attività di decommissioning delle centrali e impianti nucleari dismessi (che tuttavia procedono con intollerabile lentezza) ma anche dalle attività medicali e industriali quotidianamente in corso in Italia. Accelerare il decommissioning ed il processo di localizzazione del Deposito Nazionale sarebbe tuttavia estremamente importante per la fiducia dei cittadini e la credibilità della proposta di un nuovo programma nucleare.
E. Programmare una campagna di informazione scientifica alla popolazione che abbia lo scopo di illustrare in modo rigoroso ma alla portata di tutti la realtà delle tecnologie nucleari.
Ci preme in conclusione sottolineare come questi passi, che rappresentano solo un primo tratto della strada da percorrere, siano tutti alla portata dei vari stakeholders. Le decisioni politiche da definire richiederanno il coinvolgimento più ampio possibile delle forze in Parlamento.
Si tratta di avviare un percorso che punti a rinnovare le capacità scientifiche e tecnologiche italiane nel nucleare, iniziate oltre ottant’anni fa con l’opera di Enrico Fermi, e che riprenda l’esperienza industriale pionieristica nazionale nell’energia atomica, avviata negli anni ’60 da Enrico Mattei, con la costruzione della prima centrale italiana.
Roma, 3 febbraio 2023
Ufficio di Presidenza dell’Associazione Italiana Nucleare