SNAP-3B, imbarcato sul satellite Transit IV-A, fu il primo generatore a radioisotopi ad alimentare una missione spaziale. Produceva 2.7 W di potenza elettrica, appena abbastanza per alimentare una lampadina LED. Eppure il satellite battè ogni record per la durata della missione – avendo viaggiato, al 1966, 25 mila volte intorno alla Terra, confermando, nel 1964, anche l’ellitticità dell’equatore terrestre.

I generatori a radioisotopi sfruttano delle termocoppie per convertire il calore di decadimento del plutonio-238 in elettricità, e ad oggi costituiscono una delle due alternative praticabili per fornire energia nello spazio. L’altra opzione sono i pannelli solari, che tuttavia perdono efficienza al crescere della distanza dal Sole e possono essere limitati anche da altri fattori ambientali, come le condizioni climatiche del pianeta o satellite esplorato.

I generatori a radioisotopi sono invece affidabili ed efficienti, essendo in grado di operare con continuità anche in missioni spaziali lunghe, indipendentemente da potenziali condizioni ostili quale minore abbondanza di luce solare, temperatura, radiazione cosmica, nubi o polvere.

Grazie ad essi siamo stati in grado di esplorare gli angoli più reconditi del Sistema Solare, fin oltre Plutone.

Il plutonio-238 che li alimenta è fornito dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. L’isotopo è prodotto per irraggiamento di nettunio-237, presso i laboratori nazionali di Oak Ridge, Idaho e Los Alamos.

Sulla Luna, i generatori a radioisotopi hanno alimentato la strumentazione geofisica del Lunar Surface Experiment Package, ovvero quegli strumenti destinati a monitorare per almeno un anno i vari luoghi di allunaggio delle missioni Apollo.

Anche le missioni Pioneer, Viking, Voyager, Galileo, Ulysses, Cassini e New Horizons sono state alimentate dai medesimi sistemi.

Guardando alle missioni più recenti, il rover Perseverance, atterrato sulla superficie di Marte lo scorso Febbraio, è alimentato da un Multi-Mission Radioisotope Thermoelectric Generator (MMRTG) che utilizza anch’esso un generatore a plutonio-238.

La prossima missione NASA ad essere equipaggiata con un MMRTG sarà Dragonfly – prevista per il 2027 – destinata ad esplorare e raccogliere campioni su una delle lune di Saturno, Titano.

L’MMRTG fornirà la ricarica per la batteria del lander e proteggerà gli strumenti e l’elettronica dalle basse temperature che ne inficerebbero l’operatività.

Il volo è un attività ad alta intensità energetica, dunque il velivolo e l’apparecchiatura della missione Dragonfly saranno alimentati a batteria, la quale a sua volta sarà ricaricata dall’MMRTG. Il calore di scarto di quest’ultimo sarà infine utilizzato per mantenere l’interno del lander a temperature accettabili per gli strumenti.

Con un passato così glorioso la NASA guarda al futuro dei generatori nucleari con ancor più ottimismo, e lavora già con il Dipartimento dell’Energia e vari attori industriali alla realizzazione di reattori a fissione trasportabili nello Spazio (micro reattori) che potrebbero un giorno alimentare la presenza dell’uomo sulla Luna o su Marte.

Per approfondire:

https://rps.nasa.gov

https://www.world-nuclear-news.org/Articles/NASA-marks-60-years-of-nuclear-power-in-space

https://www.world-nuclear.org/information-library/non-power-nuclear-applications/transport/nuclear-reactors-for-space.aspx

https://inl.gov/research-program/space-power-systems/