I laboratori giapponesi che monitorano i radionuclidi nell’acqua di mare, nei sedimenti marini e nella fauna marina in prossimità della centrale nucleare di Fukushima Daiichi producono dati affidabili, dimostrando un livello elevato e costante di accuratezza e competenza.

E’ questa la conclusione di un recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), che copre il periodo 2017-20.

L’IAEA collabora con i laboratori giapponesi dal 2014, a seguito di una richiesta di assistenza del governo giapponese al fine di garantire che il monitoraggio dell’area marittima intorno a Fukushima Daiichi mantenga un’elevata qualità e sia completo, credibile e trasparente. La prima fase del progetto Marine Monitoring Confidence Building d Data Quality Assurance ha riguardato gli anni dal 2014 al 2016. Ha inoltre rilevato che il Giappone ha prodotto dati affidabili su campioni marini vicino alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi.

In questa seconda fase del progetto, l’Agenzia ha svolto una serie di attività incentrate sulla qualità dei dati di monitoraggio marino, compresi i confronti interlaboratorio (ILC) di campioni di acqua di mare, sedimenti e pesci raccolti in quattro missioni di campionamento condotte dal 2017 al 2020 in prossimità della centrale di Fukushima Daiichi. La IAEA ed esperti internazionali hanno osservato la raccolta di campioni durante le quattro missioni al fine di supportare l’assicurazione della qualità della raccolta e dell’analisi dei dati sulla radioattività.

“A seguito di questi ILC, l’Agenzia può riferire con sicurezza che le procedure di raccolta dei campioni del Giappone seguono gli standard metodologici appropriati necessari per ottenere campioni rappresentativi”, afferma il rapporto. Inoltre “i risultati ottenuti dimostrano un continuo alto livello di accuratezza e competenza da parte dei laboratori giapponesi coinvolti nelle analisi dei radionuclidi nei campioni marini per il Piano di monitoraggio dell’area marina (del Paese)”.

Gli ILC coinvolgono diversi laboratori che testano e analizzano separatamente i campioni e quindi confrontano risultati e procedure per determinarne l’affidabilità e l’accuratezza. I campioni della seconda fase del progetto sono stati analizzati presso dodici laboratori in Giappone, presso i Laboratori Ambientali della IAEA presso il Principato di Monaco e due laboratori in altri Stati Membri – uno in Canada e uno in Svizzera – che fanno parte della rete dei Laboratori Analitici per la misurazione della radioattività ambientale ( Analytical Laboratories for the Measurement of Environmental Radioactivity, ALMERA), che ha fornito ulteriori competenze internazionali e trasparenza. I risultati delle analisi sono stati presentati alla IAEA che ha effettuato una compilazione e una valutazione statistica presso i suoi Laboratori Ambientali per valutare l’accordo tra le diverse misure.

“Si può concludere che oltre il 97% dei risultati non erano significativamente diversi tra loro, e questo dimostra che i laboratori giapponesi partecipanti hanno la capacità di analizzare accuratamente i campioni. I risultati dimostrano anche un alto livello di coerenza tra i laboratori giapponesi e i laboratori di altri Paesi e della IAEA”, ha affermato Florence Descroix-Comanducci, Direttore dei Laboratori Ambientali della IAEA.

I test di valutazione e ILC sono metodi standard utilizzati dai laboratori per valutare la qualità dei risultati delle misurazioni rispetto a quelli di altri laboratori e per identificare eventuali miglioramenti necessari. La IAEA li effettua con altri laboratori di analisi in tutto il mondo per migliorare e mantenere capacità analitiche di alta qualità.

La collaborazione dell’Agenzia con il Giappone è stata estesa per altri due anni al fine di condurre ulteriori ILC e test di competenza e sviluppare il lavoro già completato.

Anche la Tepco ha annunciato un nuovo piano di monitoraggio dell’impatto della radioattività sull’ambiente marino in concomitanza con l’avvio del piano di rilascio dell’acqua contaminata da trizio nell’oceano, previsto per il 2023. Nella primavera del 2022 la compagnia giapponese proprietaria della centrale avvierà un progetto di acquacoltura utilizzando l’acqua contaminata da trizio a seguito della decontaminazione con il metodo ALPS (Advanced Liquid Processing System), ovvero la stessa acqua che verrà in seguito diluita nell’oceano.

Il piano prevede di far crescere in vasche contenenti acqua di mare e acqua contaminata alcune specie di alghe, molluschi e pesci della zona al fine di raccogliere dati sugli effetti delle radiazioni e confrontarli con quelli provenienti da acqua non contaminata.