Il Governo tedesco si sarebbe accordato con le utilities che operano centrali nucleari in Germania per un risarcimento di circa 2.5 miliardi di euro, a copertura delle perdite per la chiusura forzata anzitempo degli impianti.
L’accordo, i cui detagli debbono essere ancora approvati dai consigli di amministrazione delle aziende coinvolte e poi approvati per via legislativa, metterebbe fine ad una lunga disputa legale che ha visto la Corte Costituzionale tedesca pronunciarsi per ben due volte a favore delle argomentazioni degli operatori nucleari.
Sebbene infatti l’uscita dal nucleare è programmata per il 2022, alcuni impianti furono costretti a chiudere immediatamente nel 2011. I gestori di tali impianti saranno risarciti della mancata quota di produzione, per un importo pari a 33.22 €/MWh, oltre che per gli investimenti già effettuti e volti a prolungare la vita operativa dei reattori.
Il risarcimento andrà dunque a sommarsi al già oneroso bilancio della transizione energetica tedesca (Energiewende), che ha visto un costante incremento dei prezzi dell’elettricità al consumo, sopportati in gran parte dai clienti residenziali, a causa dei pesanti sussidi alle fonti rinnovabili.
Senza contare che, fino ad ora, la politica energetica tedesca è stata tanto dispendiosa quanto inefficacie negli obiettivi prefissi, ovvero la decarbonizzazione del sistema elettrico.
Tra il 2000 e il 2019 infatti la quota di combustibili fossili è calata più o meno della stessa percentuale in Germania e negli Stati Uniti, con la differenza che questi ultimi hanno ottenuto il risultato con un minimo sforzo.
Il confronto poi con le emissioni medie del sistema elettrico della vicina Francia è impietoso (la Francia nucleare emette in media 4-5 volte in meno della Germania, fino a 10 volte in meno nel 2016).
Con lo spegnimento degli ultimi 8 GW di capacità nucleare previsto nel 2022, nulla lascia presagire che le prestazioni climatiche della Germania possano migliorare nel medio periodo.