Ricondividiamo con piacere l’articolo dell’amico Davide Giusti, ricercatore e tecnologo dell’Enea, su Cantiere Bologna.

Buona lettura!


A Montecuccolino, tre chilometri da Porta San Mamolo, un laboratorio finanziato dal sindaco Dozza realizzò un reattore, ma ancora oggi la propaganda di una sedicente sinistra agita il babau del nucleare


In un giorno di Luglio del 1962, cinque ragazzi vinsero una scommessa, che non sapevano di aver giocato. Quello che era stato chiamato RB1 raggiunge il proprio regime nominale – non critico.

Fu progettato dai cinque ragazzi, brillanti neolaureati, ma ignari di ogni cosa in scienze nucleari. Era un vero esperimento sociologico, architettato da Gianni Puppi e Bruno Ferretti, allievo di Fermi: per vedere se dei giovani senza nessuna esperienza precedente potessero progettare un reattore nucleare come aveva fatto Fermi a Chicago. Ma i due non furono così avventati da far mettere insieme un sistema critico a quattro, pur brillanti, giovanotti.

Dove? A Montecuccolino, 3 km da Porta San Mamolo. Il terreno fu donato dal marito della Tittì, l’ultima figlia di Carducci, all’Ateneo: perché fosse un luogo di scienza. E lo fu. Lo è. Dopo quel reattore un altro lo comprarono, ed un terzo se lo fecero regalare dai francesi: così i tre Reattori Bologna furono l’area di ricerca con il maggior numero di macchine in esercizio.

Il sindaco Dozza finanziò il laboratorio, con cinquanta milioni dell’epoca (!) per dieci anni: ci credereste? Poi accaddero tante altre cose degne di nota, e di memoria: così tante che non è possibile citarle qui, se non con più spazio.

Ma una sì. Quando fu ormai chiaro che i calcoli di sviluppo sarebbero stati monopolizzati dai calcolatori elettronici, i teorici del trasporto (di particelle e radiazione) avrebbero potuto levare le tende per altri lidi, di matematica applicata, fisica cinetica…

Che fece invece Vinicio Boffi? Come Mattei, come Ippolito: rilanciò. E Montecuccolino divenne la sede principale, in Italia e nel mondo, della Fisica del Reattore. Il gruppo più nutrito, ed al contempo lo snodo di tutti i teorici del Mondo: giovani – che sarebbero diventati nel tempo i riferimenti mondiali – insieme ai grandi vecchi che avevano lavorato ai progetti americani. Così avvenne che la Teoria di un italiano a Chicago, tornasse in America riesportatavi da qui. Da Montecuccolino.

Ecco. Al mondo ci sono teorici che sanno che esiste Bologna perché c’è Montecuccolino: come gli appassionati di moto per la Ducati, e d’auto per la Lamborghini e l’autodromo di Imola. E che cosa facevano i teorici? Continuarono a sviluppare e risolvere modelli semplici: non tanto e solo per calcolare, ma per capire. Da Montecuccolino, sono da allora passate diverse generazioni di brillanti giovani scienziati: ed ancor oggi si formano allievi smaglianti. Che facciamo fatica a trattenere, o a riportar qui da Francia, Germania, Stati Uniti…

Su questi temi la sinistra – e la stampa – hanno preferito nei decenni rilanciar le voci di chi gridava al lupo (senza mai averne neanche visto uno, di lupo!). E così le persone sono per lo più impaurite di cose insussistenti circa la fissione nucleare: stime di carcinogenicità, addirittura di mutazioni macroscopiche – di cui non vi è alcuna traccia in letteratura.

È così: su questo tema, nonostante il fatto che la comunità scientifica del settore (e di qual altro?) sia compatta al riguardo, hanno avuto voce (e continuano) solo gli anticipatori dei“no-vax”: i no-nuke.

Ed oggi che l’Europa riconosce il fatto che la fissione nucleare è la fonte meno emissiva in assoluto (come risulta da un corposo studio commissionato dalla Commissione al JRC), e quella più pulita – numeri alla mano – ancora gli agitatori della propaganda di una sedicente sinistra – di certo non più progressista – affidano spesso le sorti della propria comunicazione politica allo spettro del babau della fissione. Senza alcun controllo dei fatti da parte di chi pubblica. Come ospitare fantasie sugli antibiotici di guaritori, chimici, o di studiosi di botanica.

Nel futuro non ci crederanno… Intanto, ancora, a tre chilometri da Bologna, lontana dai fasti del passato ma ancora sfavillante, continua a rilucere la luce della fiamma di Montecuccolino.

E spesso, chi ci è passato, ricorda i volti dei propri maestri con deferenza. Ed affetto.