EU Taxonomy: il parere di revisori inesperti affossa il nucleare agli albori di una delle più gravi crisi economiche dell’ultimo secolo

Il TEG (Technical Expert Group) ha raggiunto il suo verdetto: gli investimenti in fissione nucleare non sono da considerarsi sostenibili e quindi non rientreranno nella EU Taxonomy for Sustainable Finance, lo strumento ideato dalla Commissione Europea per catalogare le scelte finanziarie orientate ad uno sviluppo sostenibile e al contrasto del cambiamento climatico. La decisione era nell’aria sin da quando uscì la prima bozza nel luglio scorso, tanto da aver costretto la Commissione Europea a prendere tempo e attendere i pareri del pubblico e dei portatori di interesse nella consultazione di prassi (si veda ad esempio il documento Sustainable Nuclear Assessment Report redatto da un panel di esperti per la ONG Energy for Humanity).

Lo scorso 9 marzo però il TEG ha rilasciato le sue conclusioni finali che, malgrado le evidenze scientifiche, gli studi e pareri ricevuti, sbarrano la strada al nucleare.

Conclusioni che, a un’attenta lettura, risultano alquanto contraddittorie e confuse. Da un lato il TEG riconosce il potenziale della fissione nucleare nel fornire energia affidabile a basse emissioni di gas climalteranti, dunque con un’intrinseca capacità di contrasto al cambiamento climatico. Dall’altro però dubita che il nucleare possieda uno dei requisiti chiave della classificazione, ovvero non recare danno significativo (do no significant harm, DNSH) agli altri obiettivi della Tassonomia (evitare inquinamento, avere un ecosistema salubre, tutelare le risorse idriche, favorire riciclo e riuso). Tale affermazione sarebbe motivata dal fatto che non esisterebbero strumenti sicuri per la gestione delle scorie a lungo termine. O meglio, esisterebbero, ma ancora nessun Paese li avrebbe realizzati, quindi è come se non esistessero. Nel contempo il TEG aggiunge (pag. 210 degli Allegati al Rapporto) che la valutazione del nucleare è troppo complessa e più difficile da compiere nel contesto della Tassonomia, auspicando (pag. 211) che la questione sia affrontata in futuro da un gruppo di esperti con competenze specifiche sul ciclo del combustibile nucleare.

In definitiva, il gruppo di esperti si è dichiarato inesperto!

Vien da chiedersi chi siano dunque questi esperti, 35 membri provenienti dal mondo della finanza, dell’accademia e della società civile, ma i cui nomi non sono resi pubblici. E vien da chiedersi perché la Commissione Europea non si sia fin da subito avvalsa di veri esperti, di cui certo non vi è penuria (basti pensare alla IAEA).

A voler poi allargare lo sguardo, appare poi lecito chiedersi quanto i membri del TEG fossero esperti nella valutazione delle altre fonti di energia, alla luce dell’inclusione della produzione elettrica da biomasse e gas (naturale e non) tra le fonti a intrinseca capacità di contrasto del cambiamento climatico (pag. 57 del Rapporto).

Se infatti, in termini di DNSH, le evidenze scientifiche della capacità di gestire in sicurezza le scorie nucleari nel lungo termine “presentano dati empirici insufficienti” (cit. pag. 210 degli Allegati al Rapporto), cosa dire dell’effettivo potere climalterante del gas naturale e della neutralità emissiva, della sostenibilità ecologica e della salubrità della combustione di biomasse?

Appare evidente che sono stati applicati due pesi e due misure differenti e ancora una volta da parte della Commissione Europea si è persa l’occasione di assumere un approccio tecnologicamente neutro alla questione energetica.

In Europa – dove il nucleare costituisce il 20% della produzione elettrica attuale – alcuni produttori di elettricità da fonte nucleare hanno già chiesto alla Commissione Europea di riesaminare tale posizione avvalendosi di un parere tecnico esperto, indipendente e qualificato.

Nel momento in cui l’Europa e il mondo intero si affacciano ad una delle più gravi crisi economiche dell’ultimo secolo, menomare un’industria strategica come quella dell’energia nucleare sarebbe un atto autolesionistico privo di senso. La depressione dei consumi e della produzione industriale legata alla pandemia di COVID-2 aiuterà forse a raggiungere gli obiettivi di riduzioni delle emissioni, ma nel lungo termine l’abbandono del nucleare vanificherebbe ogni rigore e ogni sacrificio, come sottolineato anche dall’IPCC nel suo ultimo rapporto.