La situazione geopolitica, oltre a sollevare qualche preoccupazione per la sicurezza delle centrali attive e di Chernobyl di cui abbiamo parlato qui, ha forti implicazioni sul modo di intendere l’approvvigionamento energetico nel nostro Paese.

Condividiamo questo grafico, e più in generale suggeriamo l’analisi di ISPI, che mostra chiaramente la nostra attuale relazione con la Russia.

In questi giorni i leader stanno decidendo se includere nelle sanzioni una esclusione della Russia dal sistema Swift, metodo attraverso il quale – tra le altre cose – l’Italia paga il gas importato come ricordato dallo stesso Ministro dell’Economia Franco. Swift è l’acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications, la piattaforma belga che rappresenta al momento lo standard de facto della messaggistica necessaria per trasferimenti di denaro.

Qual è quindi la posizione del Presidente del Consiglio? Riportiamo testualmente parte della breve informativa di Draghi alla Camera del 25/02, che ci sembra sintetica e trasparente:

“Le sanzioni che abbiamo approvato, e quelle che potremmo approvare in futuro, ci impongono di considerare con grande attenzione l’impatto sulla nostra economia. La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento del 27% di circa dieci anni fa. Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni.

In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas italiano da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future. Il Governo segue in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni europee. Abbiamo riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas, per regolamentare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili.

Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quello di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture. Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%. Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania.

La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni. L’Italia è impegnata inoltre a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva su questo tema. Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica. Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati.

Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico. Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo. Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione. Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su questo punto. Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia.

Potrebbe essere anche necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato.

Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario. Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture. Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro.

Ho parlato del gas, ma sappiamo che la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti. A questo proposito vorrei notare che gli ostacoli a una maggiore speditezza su questo percorso non sono tecnici, non sono tecnologici, ma sono solo burocratici. Tuttavia il gas resta essenziale come combustibile di transizione. Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile ed è meno caro.”

Un ritorno quindi alla fonte energetica più impattante, il carbone, che tra l’altro ci eravamo impegnati ad eliminare alla COP di Glasgow pochi mesi fa.
L’aumento delle rinnovabili inoltre non può risolvere la situazione, vista la naturale intermittenza e la non completa elettrificazione del nostro sistema.

È possibile che una nazione come la nostra si ritrovi in questa situazione? Non c’è un’alternativa a basse emissioni di CO2 e inquinanti, sicura ed affidabile che possa coprire stabilmente il carico di base?
Noi un’idea l’abbiamo.