L’impianto di Bosco Marengo denominato Fabbricazioni Nucleari era dedicato alla produzione di elementi di combustibile per le centrali italiane ed estere. Era entrato in funzione nel 1973 e dopo lo stop del programma nucleare italiano dopo il referendum del 1987 ha gradualmente diversificato le attività, specializzandosi in settori ceramici avanzati ed altri prodotti.
Sogin entra in gioco nel 2005: diventa proprietaria dell’impianto e oggi ne dichiara la fine del decommissioning – il pirmo sito in italia a raggiungere lo stato di brown field.
Il Presidente e l’Amministratore Delegato di Sogin, Perri e Fontani, hanno accompagnato le autorità locali in una visita al sito ormai disattivato: sono stati sollevati i vincoli radiologici e declassificati le aree e gli edifici dove si fabbricavano gli elementi di combustibile. Ora questi ultimi tornano ad essere ambienti convenzionali.
Il 2021 è stato un anno cardine in quanto ha visto una significativa accelerazione delle attività di decommissioning. Naturalmente la decontaminazione e lo smantellamento del ciclo di produzione sono stati di particolare importanza, ma anche lo smantellamento dei sistemi ausiliari (impianto di ventilazione, vasca di decontaminazione dei materiali e impianto di trattamento e drenaggio degli effluenti liquidi).
Per quanto riguarda i rifiuti radioattivi presenti (solidi e liquidi), questi sono stati trattati e ridotti di volume. Risultano al momento circa 500 metri cubi stoccati in sicurezza in un deposito temporaneo (B106) in attesa del trasferimento definitivo nel Deposito Nazionale.
Le prossime attività riguarderanno il mantenimento in sicurezza, la gestione dei rifiuti radioattivi e la conclusione dei lunghi lavori di caratterizzazione e bonifica di una parte dell’”area di rispetto” del sito. Una durata dovuta alla particolare cura che viene adottata nelle misure di caratterizzazione radiologica. Tranne un piccolo quantitativo di rifiuti radioattivi, a debole contaminazione di poche decine di chili, si tratta di materiali inerti quali plastica, ferro, cemento, legno, fusti petroliferi eccetera, interrati in passato durante l’esercizio dell’impianto. Tale materiale dopo gli opportuni controlli verrà rimosso e conferito in discarica.
Con la disponibilità del Deposito Nazionale i rifiuti radioattivi saranno allontanati e il deposito temporaneo smantellato. Il sito sarà così riportato a green field, ossia una condizione priva di vincoli radiologici che consentirà il suo riutilizzo per altre attività.
Commissariamento in vista
Lo stesso giorno sulla stampa si legge della notizia del commissariamento di Sogin, prevedendo la nomina dell’organo commissariale entro 30 giorni.
Il nostro Presidente, Umberto Minopoli, ha accolto così la notizia:
“Commissariata la Sogin. Per due obiettivi dichiarati nel Decreto governativo: accelerare lo smantellamento degli impianti dismessi (nel 1987 sic); realizzare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi (che latita da 40 anni). Questi ritardi, come si vede, non sono recenti. La Sogin, istituita nel 1999, avrebbe dovuto realizzare i due obiettivi, o almeno in gran parte, da vent’anni. Ma questo, va dato atto, è il primo governo che se ne accorge e corre ai ripari. Altra motivazione, che la comunità nucleare italiana ha sempre sostenuto, è che i ritardi del decommissioning dipendono anche dal fatto che esso non è un’opera ordinaria, gestibile con le regole ordinarie delle opere pubbliche. Serve competenza nel trattare materie radiologiche. Il Commissario potrà agire adattando, finalmente, il quadro normativo alle specificità del decommissioning e della costruzione del Deposito. Si tratta di opere che porteranno lavoro, sviluppo, qualificazione tecnologica. Finalmente una presa di coscienza.”
immagini per gentile concessione di SOGIN